Terrestre

Si sta avvicinando, lo sento, il momento del mio ritorno.
Percepisco piano piano il riavvicinarsi dell’atmosfera
terrestre, che mi penetra, in questo mio vivere in Paradiso.
E sento anche che il Paradiso, nella sua prelibata degustazione,
si sta allontanando piano piano da me, quasi
rientrando sommessamente nella sua situazione di eternità.
Osservo Lui, accanto a me, e trovo che la mia intuizione
è fondata. Vedo Lui ancora più accanto a me, più terrestre,
proprio come lo vidi la prima volta, venutomi incontro,
all’inizio di questa mia esperienza.
Allora, avvicinandosi a me, era stato un poco oscurato
dalla mia ombra terrestre, come un poco annebbiato dalla
mia presenza. E ora, ci stiamo riavvicinando a questa
situazione. Contemplando, pur con una certa fatica, il suo
volto, intuisco il richiamo alla mia missione: essere testimone,
essere - lo dico con tremore - profeta del Profeta.
Intuisco anche, in questo discendere della situazione,
che dalla terra parte un ponte per il Paradiso, e un ponte in
fin dei conti non tanto esteso.
Un piccolo ponte ideale ci collega al Paradiso. Anche
con una barchetta, o con un semplice salto, ce la puoi
fare... E intanto, sono sempre più con i piedi per terra.
Sento, quasi come ultima conferma, che la situazione del
Paradiso può già essere in gestazione sulla terra, e che la
terra può essere il grembo del Paradiso...
Ora stiamo per attraversare il ponte. Lui, accanto a me,
mi appare quasi come me. Sostiamo.
C’è qualcosa nell’aria. Anzi, c’è Qualcuno nell’aria:
Colui che è il Paradiso. In un silenzio profondissimo che
mi scandaglia e mi fa lacrimare, il saluto dalla situazione
di Colui che è il Paradiso, per riaccogliermi, al di là del
ponte, nella situazione che era fin da prima, per me: il
Paradiso. Sul ponte,ora, sono rimasto con Lui accanto a
me: il Profeta. Volgo un ultimo sguardo alla sponda dei
beati, che scorgo affollati, minuti e un po’ sbiaditi, a salutarmi
a mo’ di arrivederci, mentre la lontananza si fa sempre
più sentire.
Mi rivolgo al Profeta: “Sì, è possibile vivere
il Paradiso!”. Annuisce e sorride, confermandomi.
E l’emozione del momento mi prende, mi fa scoppiare
in un pianto a dirotto sempre più intenso, e che mi pare
interminabile. Non so quanto, ma per un bel po’, tra sospiri
e singhiozzi, tra il cercare di guardare a Lui e alla terra
della mia missione, continuai... e avrei continuato.
Ad interrompermi, la sua mano sulla mia spalla, quasi
un richiamo per me e un segnale per Lui. Non seppi allora
dire altro che questo: “Grazie, Profeta!”. “Grazie a te!”
rispose in tono augurante, scomparendo ai miei occhi.
Mi sedetti per terra, poggiando la schiena a una grossa
pietra, risentendo così la durezza e l’impressione della
scomodità, che quasi più non ricordavo.
“Mah!…”. Osservai un po’ attorno, frugando in quella
natura qualche orma del cielo, ma al momento non ne trovai.
Scrutai e contemplai, un po’ assorto, un po’ distratto,
un po’ stanco; finchè, provando e riprovando una situazione
un po’ più comoda su quel duro giaciglio, mi addormentai.

Paradiso

Osservando Lui, accanto a me, la sua serenità, naturalezza

e beatitudine, posso dire che vi trovo subito richiamato

ciò che è il Paradiso, nelle sue espressioni e nella sua

essenza. È come un giardino, il Paradiso, nelle sue espressioni.

Ma non uno di quei giardini del mondo di oggi,

dove trovi di tutto tranne i fiori, vedi tutto tranne il verde

dell’erba, e al posto delle piante trovi tante cose inanimate

poste dall’uomo.

Questi sono più che altro giardini da usare, da sfruttare.

È, il Paradiso, invece, come un giardino antico, naturale,

proprio come quelle realtà antiche che si rivelano ancora

le più belle. Un giardino, il Paradiso, tanto antico che

potremmo chiamarlo: il Giardino Originale.

Il Paradiso, però, non è ‘un’ giardino, ma è ‘come’ un

giardino. ‘Come’, perché in Paradiso non trovi, concretamente,

né l’erba, né i fiori, né le piante, né vedi dei sentieri.

‘Come’ nel senso che tutte quelle realtà che tu puoi

riscontrare in un giardino antico così descritto sono le più

vicine, le più consone a richiamare le situazioni del

Paradiso. I fiori: la serenità, la delicatezza, la piccolezza,

il colorìo. I sentieri: il Pellegrinaggio, il cammino, il passeggiare

contemplando. L’erba: la miriade infinita delle

realtà, tutte riunite da un unico colore: la speranza, il procedere,

il non finire mai. Gli alberi: la crescita, la diversità,

l’originalità, la frescura, la protezione.

Quante altre sensazioni positive ci potrebbe ispirare un

antico giardino qual è il giardino delle origini!

Il Giardino Originale raccoglie in sé ogni miglioria e

positività che possiamo immaginare, ed è il richiamo di

tutte le realtà che in Paradiso sono nel rigoglìo eterno e

incorruttibile. L’immagine del Giardino Originale ci

richiama anche l’atteggiamento proprio di chi, come Lui

accanto a me, sta vivendo in Paradiso. Potremmo ricominciare

l’elenco, e chissà quanti altri atteggiamenti vedremmo

simboleggiati da questo Giardino Originale e applicabili

ai viventi in Paradiso.

Certo che - tra parentesi - questi atteggiamenti sono

quelli che anche sulla terra uno può ‘coltivare’, vivendo

già in anticipo la situazione del Paradiso.

E certo - considerando ora il risvolto della medaglia -

tutti quegli atteggiamenti che l’uomo assume e che non

sono riscontrabili nel Giardino Originale, non permettono

all’umanità di pellegrinare verso il Paradiso.

Guerre, violenza, altezzosità,... (e l’elenco continua)

senza dubbio non rientrano in nessun caso nel cammino

verso il Paradiso. Perché sono realtà non significate nel

Giardino Originale. Quindi insignificanti per il Paradiso.

Il Paradiso è come un giardino, nelle sue espressioni. Ed è

come un giardiniere, nella sua essenza.

Non c’è fisicamente al lavoro nessun giardiniere, in

realtà, in Paradiso. Ma Colui che è il Paradiso, se pur lontanissimamente,

può essere immaginato e simboleggiato

come un buon giardiniere, che con estrema cura segue e

coltiva una ad una e in armonia tra loro tutte le realtà di

questo giardino antico: l’erba, i fiori, le piante,... e pone

ordine, regola, dona l’acqua,... Questo Buon Giardiniere,

in questo antico e immenso Giardino, tutto cura e di tutti

si prende cura... E Lui accanto a me, in questo Giardino,

come lo potrei immaginare? Con quale simbolo? Certo,

come un fiore delicato, semplice e prezioso. Mi verrebbe

quasi di paragonarlo a una margherita.

Non so se... Guardo a Lui, accanto a me, e trovo nei

suoi occhi il segno dell’accondiscendere umile e sottomesso.

Sì... il simbolo più adeguato a Lui, al Profeta, è

proprio la margherita.

Il Giardiniere: ...Colui che è il Paradiso. La margherita:

...il Profeta... E il sole? A chi potrei collegarlo, ora, chi mi

potrebbe richiamare?... E l’acqua della pioggia?

Già: la benefica pioggia, essenziale per un giardino

così... a chi, a quale situazione? Volgo ancora lo sguardo a

Lui, accanto a me, e comprendo che non mi è dato di procedere,

ma mi viene chiesto di lasciare in sospeso queste

ultime domande.

Chi sta in Paradiso non ha bisogno di esaminare le

risposte. Chi ancora non vi è, è chiamato a rispondervi con

la propria ricerca, che io ora non gli devo precludere.

Sconvolgente

Il Paradiso è una situazione totalmente diversa da come

uno se l’aspetta. Ti ritrovi nella semplicità e nella naturalezza,

mentre ti attendevi la perfezione e l’assolutizzazione

di un mondo che forse avevi in mente a partire dalla

metratura e dalla misurazione di quello dell’uomo.

Il Paradiso è tutto all’opposto delle nostre attese, e per

fortuna! Ti si rivela invece come compimento di quelle

attese che sono sempre rimaste un po’ dimenticate sulla

terra, nel sottobosco della fede, nel nascondimento, nell’incapacità

ad essere vissute, valutate spesso come inutilità

secondo i valori del mondo, e qui invece realtà pienamente

paradisiache.

È lo sconvolgimento silenzioso ma il più efficace, è la

rivolta pacifica, il trionfo inatteso e sorprendente del

Paradiso. Lui che mi è accanto mi mostra, in parte, questa

dimensione, rivelando come atteggiamenti da me considerati

inutili appaiono qui le piste guida del Pellegrinaggio;

e le realtà che muoiono come spesso siano le fonti della

vita; e Colui che è sia il Morente, per essere il Vivificante,

mentre io lo avevo ritenuto finora il Supremo, il superiore

a tutto e a tutti.

Scomparire, in Paradiso, è preludio per apparire

meglio, sempre meno esternamente e sempre più in profondità.

In effetti, non è il Paradiso che opera lo sconvolgimento.

Piuttosto, la logica del mondo è avanzata a tal punto nel

cuore dell’umanità, da generare attorno ad ogni realtà

delle incrostazioni, delle fronde, delle occlusioni e degli

impedimenti che ora, qui, di fronte alla semplice evidenza

dell’eterna situazione, si scrostano, si sfrondano, si aprono

e si ribaltano, destando tale gioia e stupore, che pare

proprio uno sconvolgimento.

I punti di partenza e i punti di vista, inoltre, qui, appaiono

spesso totalmente contrari a quelli del mondo. Il

mondo è dei potenti, qui è tutto dei semplici. Nel mondo

si punta alla grandezza, qui si cresce in piccolarità. Il

mondo, puntando sulla vita, ottiene la morte.

Qui, puntando sulla morte, la si trasforma in vita. Il

mondo punta sull’esteriorità, qui si va al cuore. Il mondo

è fondato sulle attività, qui ci si fonda sulla vivacità. Nel

mondo vale soprattutto il fare, qui l’essere.

Il mondo vive nel vociare, qui a comunicare è soprattutto

il silenzio. Per il mondo il Paradiso è un luogo, una cosa;

qui in Paradiso è incontro con Colui che è il Paradiso.

Lo sconvolgimento è profondo. E mentre nel mondo

ogni sconvolgimento reca ansia e turbamento, qui in

Paradiso lo sconvolgimento ti avvolge con tutto se stesso

e in tutto te stesso, suscitando gioia e meraviglia.

Sì, perché, diversamente da quello del mondo, qui lo

sconvolgimento è Colui che è il Paradiso. Nel mondo,

inoltre, si vive partendo dall’ambiente e dalle cose.

In Paradiso si vive partendo sempre dal Cuore: da

Colui che è il Compassionevole e il Misericordioso. Che

condivide con noi ogni situazione di passione, equilibrandola,

in questa comunione, e rendendola Paradiso.

Avvicina sempre più il suo Cuore, il Centro del suo

Essere, al nostro misero cuore, rendendolo pieno di grazia

del Paradiso. Questo è l’annuncio sconvolgente di cui si fa

portavoce Lui, il Profeta, e del quale si fanno portatori con

la vita, cioè testimoni, martiri e profeti, tutti coloro che

vivono nel Paradiso, oppure ancora sulla terra nel nome

del Paradiso.

La riscoperta continua di tali sconvolgimenti ti porta,

qui, al senso della gratitudine e della riconoscenza.

Sei sempre più consapevole, ad ogni passo, che non

meriti di vivere in tutte queste realtà e situazioni, eppure ti

ritrovi ad essere scelto, non per tuo merito, ma per grazia,

a procedere in questo Pellegrinaggio che ti accosta

all’eterno e ti apre le porte del vero Paradiso: non quello

che avevi nella tua mente, ma quello che si rivela in dono

a coloro che con amore e nel nome dell’amore ricercano

Colui che è il Paradiso.

E'

Essere in Paradiso non è una realtà statica. È dinamica,

perché il vivere qui ti conduce alla coscienza sempre più

profonda di generare, vivificare e far crescere la tua realtà

e anche quella attorno a te.

Il cammino pellegrinante è una seminagione di sempre

nuove realtà paradisiache. In questo senso, in Paradiso

non si finisce mai di scoprire. Di scoprire chi sei, cos’è la

realtà in te e attorno a te, chi sono coloro che condividono

con te questa esperienza eterna, e soprattutto chi è Colui

che è il Paradiso. Essere in Paradiso significa giungere

sempre più ad assimilarsi con Colui che è il Paradiso.

Una unità, questa, prolifica; una unione generante,

come quella di due sposi che generano, attraverso la loro

unione di amore, nuovi figli. I nuovi ‘figli’ che entrano in

Paradiso non sorgono dalla terra, ma dallo stesso Paradiso,

nel quale si semina e si fa crescere la loro offerta di salvezza

quale dono da accogliere. La salvezza non parte

dalla terra, ma dal cielo; o meglio, dal Paradiso.

In questo senso, vi è sempre un collegamento reciproco

tra Paradiso e terra, uno scambio vicendevole di attese,

di doni, e un Pellegrinaggio nei due sensi.

Finchè la terra esiste nella sua finitezza, avviene un

Pellegrinaggio che parte, in Paradiso, dal Cuore di Colui

che è il Paradiso, per giungere continuamente sulla terra

proponendo all’uomo di essere a sua volta pellegrino

verso il Paradiso; di essere già, in questo modo, in

Paradiso. Guardando a Lui che è accanto a me, posso proprio

dire di vedere l’incarnazione di questo duplice

Pellegrinaggio: considerando come Lui indirizza me al

Paradiso e nello stesso tempo porta il Paradiso verso di

me. Chi vive in Paradiso è anche sulla terra, pellegrino, a

proporre di orientare tutti e tutto al Paradiso.

E in Paradiso non si giunge né col potere, né con l’avere,

né col piacere, né con il fare. Al Paradiso si giunge con

l’essere. Chi è si avvicina sempre più a Colui che è il

Paradiso, e fin già sulla terra. Tante persone hanno realizzato

e richiamato nel loro essere il Paradiso, già sulla

terra, prima ancora di vivere eternamente nel Paradiso.

Questo scambio d’essere tra Paradiso e terra ci fa sentire

partecipi di un unico destino, di un unico mondo, di un

unico incontro, di un’unica meta: Colui che è il Paradiso.

Anche tra Lui e me che gli sono accanto avviene questa

miscelazione, questo scambio d’essere, questa esperienza

che, da parte mia, posso definire come un’essenziale dialisi

della vita dell’anima.

Ogni volta che, pur dalla terra, innalziamo l’offerta

della nostra vita verso il Paradiso, ne veniamo purificati e

ritemprati, in attesa di una esperienza di condivisione vitale

ed eterna, offertaci da Colui nel quale e dal quale sgorga

il ‘sangue’ che circola nel Paradiso: la gioia.

E mentre sulla terra si cerca di porre attenzione all’essere,

qui in Paradiso si impara sempre più ad essere attenti

al modo di essere, allo spirito con cui si è. E si comprende

come le stesse cose, vissute con uno spirito diverso,

cambiano enormemente di prospettiva e di valore, in noi e

attorno a noi. Essere in Paradiso o essere sulla terra, in

fondo, può essere la stessa realtà.

Ma il modo di essere qui o sulla terra fa cambiare tutto.

Colui che è: se lo consideri dal punto di vista della terra,

con il modo e lo spirito dell’uomo, ti dice poco o niente.

Ma se consideri Colui che è con lo spirito del Paradiso,

si comunica a te in modo totalmente nuovo, impensabile;

e pur nella sua misteriosità, ti invita all’esperienza che fa

di te un essere sempre con lo stesso essere, ma con lo spirito

della novità.

Questa novità la sperimenti, qui nel Paradiso, vivendo

cose non diverse, ma diversamente quelle che tu vedi essere

le stesse cose.

Colui

Colui che è il Paradiso: il ‘Luminoso’. Lo conosci e

non lo conosci nello stesso tempo; lo vedi e non lo vedi;

lo tocchi e non lo prendi; lo intuisci senza raggiungerlo

mai; ti penetra e insieme si distanzia da te. È Colui che è

il Paradiso: il Luminoso. Nel chiaro ti è sole, nel buio ti è

luna. Si presenta sotto aspetti infinitamente diversi, e spesso

imprevedibili. Per cui ti desta meraviglia, stupore e sorpresa.

La sua potenza non è la nostra potenza, quella che

intendiamo noi e che valutiamo con i nostri metri di misura.

La sua Onnipotenza sta nel rendersi, per amore, totalmente

impotente. Per amore.

Illumina la nostra vita perché è il Vivente, ma soprattutto

illumina le nostre morti perché è il Morente. Anche

nell’eternità - non qui in Paradiso - è il Morente. Colui che

muore, per amore, nell’anima di chi lo fa Morente. Colui

che vive, per amore, nell’anima di chi lo fa Vivente.

Morente e Vivente, in eterno. Salvezza e dannazione

eterne, come due binari paralleli sui quali scorre il convoglio

dell’eternità costituito di anime e corpi votati e votanti

alla vita o alla morte.

Colui che è il Paradiso, ma anche Colui che regola il

contrario del Paradiso, cioè la negazione eterna. Il nulla

non esiste, no. O esisti con Colui che vive o vivi con Colui

che muore, in eterno. Paradiso o non Paradiso, personalizzati,

in un incontro eterno, in un legame inscindibile di

vita o di morte, dove Colui che si dà da vivere o da morire,

fedele a se stesso, non ferma o cambia il destino, ma lo

suggella nell’anima e nel corpo di chi accogliendolo vive

con Colui che è Amore nell’eterna vita dell’Amore; o di

chi, rifiutandolo, muore con Colui che è Amore, nell’eterno

destino della morte dell’Amore.

Colui che è il più potente, è anche Colui che è il più

debole. Per scelta di amore. Per accettazione. Accetta il

destino seguendo con fedeltà la scelta di chi decide per la

vita o per la morte. Accetta, in silenzio e devoto amore.

È Colui che non ti abbandona più, per l’eternità, né

nella vita, né nella morte. Lui che mi sta accanto mi

nasconde e mi rivela questo Colui.

E in Lui accanto a me posso quindi intravedere e intuire

la realtà di Colui che è il Paradiso. Ma l’incontro con

questo Colui, pur aumentando nella profondità e nell’intensità,

non si esaurirà mai. È come scalare una montagna

altissima, con una vetta irraggiungibile. Più sali, più vedi

ampliarsi il panorama.

Ma la vetta non la raggiungi mai, e quindi nemmeno

l’ampliarsi del panorama mai si esaurisce. Così è il

Mistero di Colui che è il Paradiso. Intensifica e accresce

l’esperienza con te, ma mai tu esaurirai l’esperienza di

questo incontro. Ogni realtà o persona che incontri in

Paradiso è un riflesso, pur sbiadito, della sua Presenza.

Lui, accanto a me, mi riflette, ma nello stesso tempo

non mi permette mai di vedere appieno, ma solo di intravedere,

intuire e toccare questa Presenza.

Il Paradiso vive di questa conoscenza e di questo mistero,

di questo amore e di questo rispettoso senso di presenza

misteriosa, che è timore sacro. Colui che è il Paradiso è

tutto e niente, è presenza e assenza, è morte e vita, è voce

e silenzio, è luce e oscurità, è piccolezza e infinità. E tra gli

estremi, tra le due situazioni sempre apparentemente in contrasto,

si colloca il Pellegrinaggio di chi vive in Paradiso.

Anche in Lui che mi è accanto si riflettono sempre le

due tonalità: chiaro-scuro, esserci-non esserci, vicinanzalontananza,

voce-silenzio.

E tra questi binomi si colloca anche la mia esperienza

di pellegrino che affidandosi, attraverso il riflesso di Lui

che mi è accanto, a Colui che è il Paradiso, prosegue il suo

cammino, grato per l’esperienza sempre nuova e infinitamente

sorprendente che gli è donata.

Convergenze

La conversione si trasforma, qui in Paradiso, in convergenza.

È un atteggiamento squisitamente positivo: dà alle

molteplici situazioni del Paradiso il senso del convergere

sempre e sempre più, a mo’ di confronto, verso un unico

punto: Colui che è il Paradiso. Rivolgendomi a Lui, accanto

a me, mi accorgo che pur guardando a me, prestando a

me attenzione, nello stesso tempo mantiene un continuo

confronto con questo Riferimento.

È quasi un’onda magnetica che stabilizza la sintonia; è

una convergenza che migliora sempre più la rettifica dell’essere

in Paradiso. La convergenza è un richiamo benevolo

e benefico che percepisci, e che segui con gioia, consapevole

che il convergere in direzione del richiamo ti fa

essere meglio convergente a te stesso.

Il cammino di convergenza è un atteggiamento qualificante

della vita del Paradiso, perché la situazione del

Paradiso è una continua evoluzione, è progredire e migliorare,

non è una situazione fissa di riferimento per cui tu sei

lì e dici: bene, andiamo d’accordo, affare fatto. Il confronto,

la convergenza è naturale ed essenziale.

È una rettifica sul positivo, e non una correzione sul

negativo. È una rettifica di rotta intrapresa, e ti fa procedere

nel modo migliore, adeguato a te, secondo la tua singolarità,

valorizzando la tua originalità. È come una presa di

coscienza sempre in atto. In modo estremamente naturale.

In Paradiso non si sta a pensare, si procede con coscienza.

Non ci sono scuole, uffici, studi da fare, approfondimenti

teorici, letture o spettacoli, maestri o discepoli.

Ogni insegnamento proviene dalla tua coscienza che procede

convergendo sempre più a Colui che è il Paradiso.

Questa è la coscienza del Paradiso. In questa coscienza

convergente sta la sapienza di chi vive in Paradiso.

Convergendo con coscienza si gusta e si assapora, in questo

collegamento di confronto, la vera sapienza. Proprio

come la conversione allora, anche la convergenza qui è un

atto non dell’intelligenza, ma della coscienza di vita. In

Paradiso dunque non si sta immobili, come statuine. Ci si

volta anche, per convergere meglio.

Nella convergenza sperimenti l’abbraccio e il sostegno

di tutto il Paradiso, e soprattutto di Colui che è il Paradiso,

che - usando un’immagine pur sbiadita - posandoti le mani

sulle spalle ti dice: ‘Bene, avanti, prosegui!’. È, insomma,

una conferma. La convergenza è la conferma, la confermazione

che ti viene data in Paradiso.

In questo atteggiamento di confermazione ti senti sempre

più abilitato a procedere non a nome tuo personale, ma

nel nome di Colui che è e ti fa essere Paradiso. Come tutti

gli atteggiamenti e le realtà che qui si vivono, questa convergenza

è un dono. Con Lui accanto a me, anch’io non

solo mi sento maggiormente rincuorato e aiutato a procedere,

ma ricevo in dono questa abilitazione che attraverso

di Lui, il Profeta, è trasmessa anche a me: la confermazione

a vivere da profeta, anch’io, ora, e per sempre.

Mi sento anch’io sostenuto da Lui che mi è accanto e

da Colui che è il Paradiso, e incoraggiato da tutti, qui, a

vivere come profeta, guardando al Profeta, imitandolo nel

suo vivere in Paradiso.

Lui, accanto a me, mi sta forgiando, piano piano e sempre

più, in convergenza al Paradiso, e delineando nella

mia missione della vita quella che è la mia vera immagine;

non quella ideale, che assumerò qui in eterno, ma quella

che è ancora in formazione, e nella quale mi vedo ora

come specchiare: essere, ad immagine del Profeta, anch’io,

con l’aiuto del Paradiso e di Colui che è il Paradiso, ‘profeta’.

Non un profeta qualunque, ma io, proprio io: profeta del Paradiso.

Equilibri

Volgendo lo sguardo a Lui, accanto a me, comprendo

che chi vive in Paradiso è una persona sempre equilibrata,

che si atteggia con un sereno equilibrio in ogni realtà. In

Paradiso non ci sono esasperazioni, né fanatismi, né estremismi,

né verità da difendere o idee da propugnare; non

reazioni istintive o impulsi del momento; non c’è nessuno

preso dalla foga o che si infiammi nelle sue convinzioni o

in qualche altro atteggiamento. Serenità equilibrata: ecco

la giustizia che regna in Paradiso.

Qui comprendi che uno è giusto non tanto per quello

che ha fatto prima, e di cui ora viene ripagato. Forse anche

questo. Ma anzitutto tutti si riscoprono come giusti perché

attestano il loro cammino equilibrato che prima hanno

accennato, e che ora si vedono confermare come mentalità

e atteggiamento eterni.

Il premio del Paradiso non è dunque un attestato, un

dono fatto alla fine, ma è la conferma e il sostegno al cammino

intrapreso, con chissà quanti limiti e quali difficoltà

e squilibri, sulla terra, e qui ora proseguito nella libertà.

Non sono le opere che contano, cioè quello che hai fatto o

non hai fatto. Ciò che conta, lo vedo confermato in Lui

accanto a me, è l’essere equilibrati, l’avere equilibrio in

ogni realtà. Questa è la vera giustizia, che da tutti qui è

condivisa, e non distingue nessuno in base a opere o esperienze

fatte prima di essere qui.

Qui la giustizia è il cammino equilibrato che conduci.

Ogni ricerca, ogni desiderio qui è vissuto non con la passione

che ti prende, ma con l’equilibrata serenità che ti

permette di scegliere, decidere e vivere al meglio, personalmente

e insieme, la vita del Paradiso.

La giustizia è il giusto peso che dai a te stesso, alle realtà

attorno, agli altri che incontri. Anche di fronte a Colui

che è il Paradiso, ti senti soppesare in questo equilibrio

che ti ritrovi in dono, quasi un essere deposto sulla mano,

come un piccolo pulcino esaminato nella sua crescita con

questo gesto di semplicità.

L’equilibrio va d’accordo con la semplicità. In Paradiso

non c’è nulla di complicato, di squilibrato dalla semplicità.

Tutto è lì da vedere e da vivere, nella naturalezza del

suo esserci, nella serenità del cammino, nell’atteggiamento

equilibrato. Di questo è impastato il Paradiso. E il suo

continuo fermento produce nelle realtà una lievitazione

soffice e naturale, silenziosa, morbida, fragrante e invitante.

E l’equilibrio, qui in Paradiso, ha - per così dire - i piedi

per terra. Cioè si fonda sempre sul concreto, su quello che

è, qui. Non è ricerca affannosa di equilibrio, sforzo di

equilibrarsi, quasi come una rara qualità, una eccezionalità

simile all’equilibrismo del circo.

Qui è niente più e niente meno di un cammino di equilibrio,

un pellegrinare in questo atteggiamento di giustizia,

seguendo la traccia della serenità. Non c’è fatica, né sforzo,

qui in Paradiso, né sudore. Non c’è concentrazione

alcuna, ma solo raccoglimento.

Non c’è ansia e agitazione, frenesia o fretta. Tutto è

equilibrato. Non c’è il grasso e il magro, il troppo piccolo

o il troppo alto. Ogni persona appare equilibrata. Un equilibrio

vitale e vitalizzante.

Colui che è il Paradiso, in quanto a peso, è il più equilibrato:

è presente come una piuma, che ti sfiora e ti passa

accanto. Il suo equilibrarsi è un librarsi sempre lieve e

ondeggiante in questa atmosfera di Paradiso, nella quale

non è la legge di gravità a regolare ogni movimento, ma la

legge della gioia.

E così ognuno è libero di librarsi, a mo’ della piuma,

danzando, passeggiando, correndo, volando, saltando,

camminando, posando e riposando, oscillando e ondeggiando,

andando e venendo, salendo e scendendo, ruotando

e invertendo, come disegnando la propria originalità

nell’atmosfera del Paradiso.

Terrestre

Si sta avvicinando, lo sento, il momento del mio ritorno. Percepisco piano piano il riavvicinarsi dell’atmosfera terrestre, che mi penetr...