Terrestre

Si sta avvicinando, lo sento, il momento del mio ritorno.
Percepisco piano piano il riavvicinarsi dell’atmosfera
terrestre, che mi penetra, in questo mio vivere in Paradiso.
E sento anche che il Paradiso, nella sua prelibata degustazione,
si sta allontanando piano piano da me, quasi
rientrando sommessamente nella sua situazione di eternità.
Osservo Lui, accanto a me, e trovo che la mia intuizione
è fondata. Vedo Lui ancora più accanto a me, più terrestre,
proprio come lo vidi la prima volta, venutomi incontro,
all’inizio di questa mia esperienza.
Allora, avvicinandosi a me, era stato un poco oscurato
dalla mia ombra terrestre, come un poco annebbiato dalla
mia presenza. E ora, ci stiamo riavvicinando a questa
situazione. Contemplando, pur con una certa fatica, il suo
volto, intuisco il richiamo alla mia missione: essere testimone,
essere - lo dico con tremore - profeta del Profeta.
Intuisco anche, in questo discendere della situazione,
che dalla terra parte un ponte per il Paradiso, e un ponte in
fin dei conti non tanto esteso.
Un piccolo ponte ideale ci collega al Paradiso. Anche
con una barchetta, o con un semplice salto, ce la puoi
fare... E intanto, sono sempre più con i piedi per terra.
Sento, quasi come ultima conferma, che la situazione del
Paradiso può già essere in gestazione sulla terra, e che la
terra può essere il grembo del Paradiso...
Ora stiamo per attraversare il ponte. Lui, accanto a me,
mi appare quasi come me. Sostiamo.
C’è qualcosa nell’aria. Anzi, c’è Qualcuno nell’aria:
Colui che è il Paradiso. In un silenzio profondissimo che
mi scandaglia e mi fa lacrimare, il saluto dalla situazione
di Colui che è il Paradiso, per riaccogliermi, al di là del
ponte, nella situazione che era fin da prima, per me: il
Paradiso. Sul ponte,ora, sono rimasto con Lui accanto a
me: il Profeta. Volgo un ultimo sguardo alla sponda dei
beati, che scorgo affollati, minuti e un po’ sbiaditi, a salutarmi
a mo’ di arrivederci, mentre la lontananza si fa sempre
più sentire.
Mi rivolgo al Profeta: “Sì, è possibile vivere
il Paradiso!”. Annuisce e sorride, confermandomi.
E l’emozione del momento mi prende, mi fa scoppiare
in un pianto a dirotto sempre più intenso, e che mi pare
interminabile. Non so quanto, ma per un bel po’, tra sospiri
e singhiozzi, tra il cercare di guardare a Lui e alla terra
della mia missione, continuai... e avrei continuato.
Ad interrompermi, la sua mano sulla mia spalla, quasi
un richiamo per me e un segnale per Lui. Non seppi allora
dire altro che questo: “Grazie, Profeta!”. “Grazie a te!”
rispose in tono augurante, scomparendo ai miei occhi.
Mi sedetti per terra, poggiando la schiena a una grossa
pietra, risentendo così la durezza e l’impressione della
scomodità, che quasi più non ricordavo.
“Mah!…”. Osservai un po’ attorno, frugando in quella
natura qualche orma del cielo, ma al momento non ne trovai.
Scrutai e contemplai, un po’ assorto, un po’ distratto,
un po’ stanco; finchè, provando e riprovando una situazione
un po’ più comoda su quel duro giaciglio, mi addormentai.

Paradiso

Osservando Lui, accanto a me, la sua serenità, naturalezza

e beatitudine, posso dire che vi trovo subito richiamato

ciò che è il Paradiso, nelle sue espressioni e nella sua

essenza. È come un giardino, il Paradiso, nelle sue espressioni.

Ma non uno di quei giardini del mondo di oggi,

dove trovi di tutto tranne i fiori, vedi tutto tranne il verde

dell’erba, e al posto delle piante trovi tante cose inanimate

poste dall’uomo.

Questi sono più che altro giardini da usare, da sfruttare.

È, il Paradiso, invece, come un giardino antico, naturale,

proprio come quelle realtà antiche che si rivelano ancora

le più belle. Un giardino, il Paradiso, tanto antico che

potremmo chiamarlo: il Giardino Originale.

Il Paradiso, però, non è ‘un’ giardino, ma è ‘come’ un

giardino. ‘Come’, perché in Paradiso non trovi, concretamente,

né l’erba, né i fiori, né le piante, né vedi dei sentieri.

‘Come’ nel senso che tutte quelle realtà che tu puoi

riscontrare in un giardino antico così descritto sono le più

vicine, le più consone a richiamare le situazioni del

Paradiso. I fiori: la serenità, la delicatezza, la piccolezza,

il colorìo. I sentieri: il Pellegrinaggio, il cammino, il passeggiare

contemplando. L’erba: la miriade infinita delle

realtà, tutte riunite da un unico colore: la speranza, il procedere,

il non finire mai. Gli alberi: la crescita, la diversità,

l’originalità, la frescura, la protezione.

Quante altre sensazioni positive ci potrebbe ispirare un

antico giardino qual è il giardino delle origini!

Il Giardino Originale raccoglie in sé ogni miglioria e

positività che possiamo immaginare, ed è il richiamo di

tutte le realtà che in Paradiso sono nel rigoglìo eterno e

incorruttibile. L’immagine del Giardino Originale ci

richiama anche l’atteggiamento proprio di chi, come Lui

accanto a me, sta vivendo in Paradiso. Potremmo ricominciare

l’elenco, e chissà quanti altri atteggiamenti vedremmo

simboleggiati da questo Giardino Originale e applicabili

ai viventi in Paradiso.

Certo che - tra parentesi - questi atteggiamenti sono

quelli che anche sulla terra uno può ‘coltivare’, vivendo

già in anticipo la situazione del Paradiso.

E certo - considerando ora il risvolto della medaglia -

tutti quegli atteggiamenti che l’uomo assume e che non

sono riscontrabili nel Giardino Originale, non permettono

all’umanità di pellegrinare verso il Paradiso.

Guerre, violenza, altezzosità,... (e l’elenco continua)

senza dubbio non rientrano in nessun caso nel cammino

verso il Paradiso. Perché sono realtà non significate nel

Giardino Originale. Quindi insignificanti per il Paradiso.

Il Paradiso è come un giardino, nelle sue espressioni. Ed è

come un giardiniere, nella sua essenza.

Non c’è fisicamente al lavoro nessun giardiniere, in

realtà, in Paradiso. Ma Colui che è il Paradiso, se pur lontanissimamente,

può essere immaginato e simboleggiato

come un buon giardiniere, che con estrema cura segue e

coltiva una ad una e in armonia tra loro tutte le realtà di

questo giardino antico: l’erba, i fiori, le piante,... e pone

ordine, regola, dona l’acqua,... Questo Buon Giardiniere,

in questo antico e immenso Giardino, tutto cura e di tutti

si prende cura... E Lui accanto a me, in questo Giardino,

come lo potrei immaginare? Con quale simbolo? Certo,

come un fiore delicato, semplice e prezioso. Mi verrebbe

quasi di paragonarlo a una margherita.

Non so se... Guardo a Lui, accanto a me, e trovo nei

suoi occhi il segno dell’accondiscendere umile e sottomesso.

Sì... il simbolo più adeguato a Lui, al Profeta, è

proprio la margherita.

Il Giardiniere: ...Colui che è il Paradiso. La margherita:

...il Profeta... E il sole? A chi potrei collegarlo, ora, chi mi

potrebbe richiamare?... E l’acqua della pioggia?

Già: la benefica pioggia, essenziale per un giardino

così... a chi, a quale situazione? Volgo ancora lo sguardo a

Lui, accanto a me, e comprendo che non mi è dato di procedere,

ma mi viene chiesto di lasciare in sospeso queste

ultime domande.

Chi sta in Paradiso non ha bisogno di esaminare le

risposte. Chi ancora non vi è, è chiamato a rispondervi con

la propria ricerca, che io ora non gli devo precludere.

Sconvolgente

Il Paradiso è una situazione totalmente diversa da come

uno se l’aspetta. Ti ritrovi nella semplicità e nella naturalezza,

mentre ti attendevi la perfezione e l’assolutizzazione

di un mondo che forse avevi in mente a partire dalla

metratura e dalla misurazione di quello dell’uomo.

Il Paradiso è tutto all’opposto delle nostre attese, e per

fortuna! Ti si rivela invece come compimento di quelle

attese che sono sempre rimaste un po’ dimenticate sulla

terra, nel sottobosco della fede, nel nascondimento, nell’incapacità

ad essere vissute, valutate spesso come inutilità

secondo i valori del mondo, e qui invece realtà pienamente

paradisiache.

È lo sconvolgimento silenzioso ma il più efficace, è la

rivolta pacifica, il trionfo inatteso e sorprendente del

Paradiso. Lui che mi è accanto mi mostra, in parte, questa

dimensione, rivelando come atteggiamenti da me considerati

inutili appaiono qui le piste guida del Pellegrinaggio;

e le realtà che muoiono come spesso siano le fonti della

vita; e Colui che è sia il Morente, per essere il Vivificante,

mentre io lo avevo ritenuto finora il Supremo, il superiore

a tutto e a tutti.

Scomparire, in Paradiso, è preludio per apparire

meglio, sempre meno esternamente e sempre più in profondità.

In effetti, non è il Paradiso che opera lo sconvolgimento.

Piuttosto, la logica del mondo è avanzata a tal punto nel

cuore dell’umanità, da generare attorno ad ogni realtà

delle incrostazioni, delle fronde, delle occlusioni e degli

impedimenti che ora, qui, di fronte alla semplice evidenza

dell’eterna situazione, si scrostano, si sfrondano, si aprono

e si ribaltano, destando tale gioia e stupore, che pare

proprio uno sconvolgimento.

I punti di partenza e i punti di vista, inoltre, qui, appaiono

spesso totalmente contrari a quelli del mondo. Il

mondo è dei potenti, qui è tutto dei semplici. Nel mondo

si punta alla grandezza, qui si cresce in piccolarità. Il

mondo, puntando sulla vita, ottiene la morte.

Qui, puntando sulla morte, la si trasforma in vita. Il

mondo punta sull’esteriorità, qui si va al cuore. Il mondo

è fondato sulle attività, qui ci si fonda sulla vivacità. Nel

mondo vale soprattutto il fare, qui l’essere.

Il mondo vive nel vociare, qui a comunicare è soprattutto

il silenzio. Per il mondo il Paradiso è un luogo, una cosa;

qui in Paradiso è incontro con Colui che è il Paradiso.

Lo sconvolgimento è profondo. E mentre nel mondo

ogni sconvolgimento reca ansia e turbamento, qui in

Paradiso lo sconvolgimento ti avvolge con tutto se stesso

e in tutto te stesso, suscitando gioia e meraviglia.

Sì, perché, diversamente da quello del mondo, qui lo

sconvolgimento è Colui che è il Paradiso. Nel mondo,

inoltre, si vive partendo dall’ambiente e dalle cose.

In Paradiso si vive partendo sempre dal Cuore: da

Colui che è il Compassionevole e il Misericordioso. Che

condivide con noi ogni situazione di passione, equilibrandola,

in questa comunione, e rendendola Paradiso.

Avvicina sempre più il suo Cuore, il Centro del suo

Essere, al nostro misero cuore, rendendolo pieno di grazia

del Paradiso. Questo è l’annuncio sconvolgente di cui si fa

portavoce Lui, il Profeta, e del quale si fanno portatori con

la vita, cioè testimoni, martiri e profeti, tutti coloro che

vivono nel Paradiso, oppure ancora sulla terra nel nome

del Paradiso.

La riscoperta continua di tali sconvolgimenti ti porta,

qui, al senso della gratitudine e della riconoscenza.

Sei sempre più consapevole, ad ogni passo, che non

meriti di vivere in tutte queste realtà e situazioni, eppure ti

ritrovi ad essere scelto, non per tuo merito, ma per grazia,

a procedere in questo Pellegrinaggio che ti accosta

all’eterno e ti apre le porte del vero Paradiso: non quello

che avevi nella tua mente, ma quello che si rivela in dono

a coloro che con amore e nel nome dell’amore ricercano

Colui che è il Paradiso.

E'

Essere in Paradiso non è una realtà statica. È dinamica,

perché il vivere qui ti conduce alla coscienza sempre più

profonda di generare, vivificare e far crescere la tua realtà

e anche quella attorno a te.

Il cammino pellegrinante è una seminagione di sempre

nuove realtà paradisiache. In questo senso, in Paradiso

non si finisce mai di scoprire. Di scoprire chi sei, cos’è la

realtà in te e attorno a te, chi sono coloro che condividono

con te questa esperienza eterna, e soprattutto chi è Colui

che è il Paradiso. Essere in Paradiso significa giungere

sempre più ad assimilarsi con Colui che è il Paradiso.

Una unità, questa, prolifica; una unione generante,

come quella di due sposi che generano, attraverso la loro

unione di amore, nuovi figli. I nuovi ‘figli’ che entrano in

Paradiso non sorgono dalla terra, ma dallo stesso Paradiso,

nel quale si semina e si fa crescere la loro offerta di salvezza

quale dono da accogliere. La salvezza non parte

dalla terra, ma dal cielo; o meglio, dal Paradiso.

In questo senso, vi è sempre un collegamento reciproco

tra Paradiso e terra, uno scambio vicendevole di attese,

di doni, e un Pellegrinaggio nei due sensi.

Finchè la terra esiste nella sua finitezza, avviene un

Pellegrinaggio che parte, in Paradiso, dal Cuore di Colui

che è il Paradiso, per giungere continuamente sulla terra

proponendo all’uomo di essere a sua volta pellegrino

verso il Paradiso; di essere già, in questo modo, in

Paradiso. Guardando a Lui che è accanto a me, posso proprio

dire di vedere l’incarnazione di questo duplice

Pellegrinaggio: considerando come Lui indirizza me al

Paradiso e nello stesso tempo porta il Paradiso verso di

me. Chi vive in Paradiso è anche sulla terra, pellegrino, a

proporre di orientare tutti e tutto al Paradiso.

E in Paradiso non si giunge né col potere, né con l’avere,

né col piacere, né con il fare. Al Paradiso si giunge con

l’essere. Chi è si avvicina sempre più a Colui che è il

Paradiso, e fin già sulla terra. Tante persone hanno realizzato

e richiamato nel loro essere il Paradiso, già sulla

terra, prima ancora di vivere eternamente nel Paradiso.

Questo scambio d’essere tra Paradiso e terra ci fa sentire

partecipi di un unico destino, di un unico mondo, di un

unico incontro, di un’unica meta: Colui che è il Paradiso.

Anche tra Lui e me che gli sono accanto avviene questa

miscelazione, questo scambio d’essere, questa esperienza

che, da parte mia, posso definire come un’essenziale dialisi

della vita dell’anima.

Ogni volta che, pur dalla terra, innalziamo l’offerta

della nostra vita verso il Paradiso, ne veniamo purificati e

ritemprati, in attesa di una esperienza di condivisione vitale

ed eterna, offertaci da Colui nel quale e dal quale sgorga

il ‘sangue’ che circola nel Paradiso: la gioia.

E mentre sulla terra si cerca di porre attenzione all’essere,

qui in Paradiso si impara sempre più ad essere attenti

al modo di essere, allo spirito con cui si è. E si comprende

come le stesse cose, vissute con uno spirito diverso,

cambiano enormemente di prospettiva e di valore, in noi e

attorno a noi. Essere in Paradiso o essere sulla terra, in

fondo, può essere la stessa realtà.

Ma il modo di essere qui o sulla terra fa cambiare tutto.

Colui che è: se lo consideri dal punto di vista della terra,

con il modo e lo spirito dell’uomo, ti dice poco o niente.

Ma se consideri Colui che è con lo spirito del Paradiso,

si comunica a te in modo totalmente nuovo, impensabile;

e pur nella sua misteriosità, ti invita all’esperienza che fa

di te un essere sempre con lo stesso essere, ma con lo spirito

della novità.

Questa novità la sperimenti, qui nel Paradiso, vivendo

cose non diverse, ma diversamente quelle che tu vedi essere

le stesse cose.

Colui

Colui che è il Paradiso: il ‘Luminoso’. Lo conosci e

non lo conosci nello stesso tempo; lo vedi e non lo vedi;

lo tocchi e non lo prendi; lo intuisci senza raggiungerlo

mai; ti penetra e insieme si distanzia da te. È Colui che è

il Paradiso: il Luminoso. Nel chiaro ti è sole, nel buio ti è

luna. Si presenta sotto aspetti infinitamente diversi, e spesso

imprevedibili. Per cui ti desta meraviglia, stupore e sorpresa.

La sua potenza non è la nostra potenza, quella che

intendiamo noi e che valutiamo con i nostri metri di misura.

La sua Onnipotenza sta nel rendersi, per amore, totalmente

impotente. Per amore.

Illumina la nostra vita perché è il Vivente, ma soprattutto

illumina le nostre morti perché è il Morente. Anche

nell’eternità - non qui in Paradiso - è il Morente. Colui che

muore, per amore, nell’anima di chi lo fa Morente. Colui

che vive, per amore, nell’anima di chi lo fa Vivente.

Morente e Vivente, in eterno. Salvezza e dannazione

eterne, come due binari paralleli sui quali scorre il convoglio

dell’eternità costituito di anime e corpi votati e votanti

alla vita o alla morte.

Colui che è il Paradiso, ma anche Colui che regola il

contrario del Paradiso, cioè la negazione eterna. Il nulla

non esiste, no. O esisti con Colui che vive o vivi con Colui

che muore, in eterno. Paradiso o non Paradiso, personalizzati,

in un incontro eterno, in un legame inscindibile di

vita o di morte, dove Colui che si dà da vivere o da morire,

fedele a se stesso, non ferma o cambia il destino, ma lo

suggella nell’anima e nel corpo di chi accogliendolo vive

con Colui che è Amore nell’eterna vita dell’Amore; o di

chi, rifiutandolo, muore con Colui che è Amore, nell’eterno

destino della morte dell’Amore.

Colui che è il più potente, è anche Colui che è il più

debole. Per scelta di amore. Per accettazione. Accetta il

destino seguendo con fedeltà la scelta di chi decide per la

vita o per la morte. Accetta, in silenzio e devoto amore.

È Colui che non ti abbandona più, per l’eternità, né

nella vita, né nella morte. Lui che mi sta accanto mi

nasconde e mi rivela questo Colui.

E in Lui accanto a me posso quindi intravedere e intuire

la realtà di Colui che è il Paradiso. Ma l’incontro con

questo Colui, pur aumentando nella profondità e nell’intensità,

non si esaurirà mai. È come scalare una montagna

altissima, con una vetta irraggiungibile. Più sali, più vedi

ampliarsi il panorama.

Ma la vetta non la raggiungi mai, e quindi nemmeno

l’ampliarsi del panorama mai si esaurisce. Così è il

Mistero di Colui che è il Paradiso. Intensifica e accresce

l’esperienza con te, ma mai tu esaurirai l’esperienza di

questo incontro. Ogni realtà o persona che incontri in

Paradiso è un riflesso, pur sbiadito, della sua Presenza.

Lui, accanto a me, mi riflette, ma nello stesso tempo

non mi permette mai di vedere appieno, ma solo di intravedere,

intuire e toccare questa Presenza.

Il Paradiso vive di questa conoscenza e di questo mistero,

di questo amore e di questo rispettoso senso di presenza

misteriosa, che è timore sacro. Colui che è il Paradiso è

tutto e niente, è presenza e assenza, è morte e vita, è voce

e silenzio, è luce e oscurità, è piccolezza e infinità. E tra gli

estremi, tra le due situazioni sempre apparentemente in contrasto,

si colloca il Pellegrinaggio di chi vive in Paradiso.

Anche in Lui che mi è accanto si riflettono sempre le

due tonalità: chiaro-scuro, esserci-non esserci, vicinanzalontananza,

voce-silenzio.

E tra questi binomi si colloca anche la mia esperienza

di pellegrino che affidandosi, attraverso il riflesso di Lui

che mi è accanto, a Colui che è il Paradiso, prosegue il suo

cammino, grato per l’esperienza sempre nuova e infinitamente

sorprendente che gli è donata.

Convergenze

La conversione si trasforma, qui in Paradiso, in convergenza.

È un atteggiamento squisitamente positivo: dà alle

molteplici situazioni del Paradiso il senso del convergere

sempre e sempre più, a mo’ di confronto, verso un unico

punto: Colui che è il Paradiso. Rivolgendomi a Lui, accanto

a me, mi accorgo che pur guardando a me, prestando a

me attenzione, nello stesso tempo mantiene un continuo

confronto con questo Riferimento.

È quasi un’onda magnetica che stabilizza la sintonia; è

una convergenza che migliora sempre più la rettifica dell’essere

in Paradiso. La convergenza è un richiamo benevolo

e benefico che percepisci, e che segui con gioia, consapevole

che il convergere in direzione del richiamo ti fa

essere meglio convergente a te stesso.

Il cammino di convergenza è un atteggiamento qualificante

della vita del Paradiso, perché la situazione del

Paradiso è una continua evoluzione, è progredire e migliorare,

non è una situazione fissa di riferimento per cui tu sei

lì e dici: bene, andiamo d’accordo, affare fatto. Il confronto,

la convergenza è naturale ed essenziale.

È una rettifica sul positivo, e non una correzione sul

negativo. È una rettifica di rotta intrapresa, e ti fa procedere

nel modo migliore, adeguato a te, secondo la tua singolarità,

valorizzando la tua originalità. È come una presa di

coscienza sempre in atto. In modo estremamente naturale.

In Paradiso non si sta a pensare, si procede con coscienza.

Non ci sono scuole, uffici, studi da fare, approfondimenti

teorici, letture o spettacoli, maestri o discepoli.

Ogni insegnamento proviene dalla tua coscienza che procede

convergendo sempre più a Colui che è il Paradiso.

Questa è la coscienza del Paradiso. In questa coscienza

convergente sta la sapienza di chi vive in Paradiso.

Convergendo con coscienza si gusta e si assapora, in questo

collegamento di confronto, la vera sapienza. Proprio

come la conversione allora, anche la convergenza qui è un

atto non dell’intelligenza, ma della coscienza di vita. In

Paradiso dunque non si sta immobili, come statuine. Ci si

volta anche, per convergere meglio.

Nella convergenza sperimenti l’abbraccio e il sostegno

di tutto il Paradiso, e soprattutto di Colui che è il Paradiso,

che - usando un’immagine pur sbiadita - posandoti le mani

sulle spalle ti dice: ‘Bene, avanti, prosegui!’. È, insomma,

una conferma. La convergenza è la conferma, la confermazione

che ti viene data in Paradiso.

In questo atteggiamento di confermazione ti senti sempre

più abilitato a procedere non a nome tuo personale, ma

nel nome di Colui che è e ti fa essere Paradiso. Come tutti

gli atteggiamenti e le realtà che qui si vivono, questa convergenza

è un dono. Con Lui accanto a me, anch’io non

solo mi sento maggiormente rincuorato e aiutato a procedere,

ma ricevo in dono questa abilitazione che attraverso

di Lui, il Profeta, è trasmessa anche a me: la confermazione

a vivere da profeta, anch’io, ora, e per sempre.

Mi sento anch’io sostenuto da Lui che mi è accanto e

da Colui che è il Paradiso, e incoraggiato da tutti, qui, a

vivere come profeta, guardando al Profeta, imitandolo nel

suo vivere in Paradiso.

Lui, accanto a me, mi sta forgiando, piano piano e sempre

più, in convergenza al Paradiso, e delineando nella

mia missione della vita quella che è la mia vera immagine;

non quella ideale, che assumerò qui in eterno, ma quella

che è ancora in formazione, e nella quale mi vedo ora

come specchiare: essere, ad immagine del Profeta, anch’io,

con l’aiuto del Paradiso e di Colui che è il Paradiso, ‘profeta’.

Non un profeta qualunque, ma io, proprio io: profeta del Paradiso.

Equilibri

Volgendo lo sguardo a Lui, accanto a me, comprendo

che chi vive in Paradiso è una persona sempre equilibrata,

che si atteggia con un sereno equilibrio in ogni realtà. In

Paradiso non ci sono esasperazioni, né fanatismi, né estremismi,

né verità da difendere o idee da propugnare; non

reazioni istintive o impulsi del momento; non c’è nessuno

preso dalla foga o che si infiammi nelle sue convinzioni o

in qualche altro atteggiamento. Serenità equilibrata: ecco

la giustizia che regna in Paradiso.

Qui comprendi che uno è giusto non tanto per quello

che ha fatto prima, e di cui ora viene ripagato. Forse anche

questo. Ma anzitutto tutti si riscoprono come giusti perché

attestano il loro cammino equilibrato che prima hanno

accennato, e che ora si vedono confermare come mentalità

e atteggiamento eterni.

Il premio del Paradiso non è dunque un attestato, un

dono fatto alla fine, ma è la conferma e il sostegno al cammino

intrapreso, con chissà quanti limiti e quali difficoltà

e squilibri, sulla terra, e qui ora proseguito nella libertà.

Non sono le opere che contano, cioè quello che hai fatto o

non hai fatto. Ciò che conta, lo vedo confermato in Lui

accanto a me, è l’essere equilibrati, l’avere equilibrio in

ogni realtà. Questa è la vera giustizia, che da tutti qui è

condivisa, e non distingue nessuno in base a opere o esperienze

fatte prima di essere qui.

Qui la giustizia è il cammino equilibrato che conduci.

Ogni ricerca, ogni desiderio qui è vissuto non con la passione

che ti prende, ma con l’equilibrata serenità che ti

permette di scegliere, decidere e vivere al meglio, personalmente

e insieme, la vita del Paradiso.

La giustizia è il giusto peso che dai a te stesso, alle realtà

attorno, agli altri che incontri. Anche di fronte a Colui

che è il Paradiso, ti senti soppesare in questo equilibrio

che ti ritrovi in dono, quasi un essere deposto sulla mano,

come un piccolo pulcino esaminato nella sua crescita con

questo gesto di semplicità.

L’equilibrio va d’accordo con la semplicità. In Paradiso

non c’è nulla di complicato, di squilibrato dalla semplicità.

Tutto è lì da vedere e da vivere, nella naturalezza del

suo esserci, nella serenità del cammino, nell’atteggiamento

equilibrato. Di questo è impastato il Paradiso. E il suo

continuo fermento produce nelle realtà una lievitazione

soffice e naturale, silenziosa, morbida, fragrante e invitante.

E l’equilibrio, qui in Paradiso, ha - per così dire - i piedi

per terra. Cioè si fonda sempre sul concreto, su quello che

è, qui. Non è ricerca affannosa di equilibrio, sforzo di

equilibrarsi, quasi come una rara qualità, una eccezionalità

simile all’equilibrismo del circo.

Qui è niente più e niente meno di un cammino di equilibrio,

un pellegrinare in questo atteggiamento di giustizia,

seguendo la traccia della serenità. Non c’è fatica, né sforzo,

qui in Paradiso, né sudore. Non c’è concentrazione

alcuna, ma solo raccoglimento.

Non c’è ansia e agitazione, frenesia o fretta. Tutto è

equilibrato. Non c’è il grasso e il magro, il troppo piccolo

o il troppo alto. Ogni persona appare equilibrata. Un equilibrio

vitale e vitalizzante.

Colui che è il Paradiso, in quanto a peso, è il più equilibrato:

è presente come una piuma, che ti sfiora e ti passa

accanto. Il suo equilibrarsi è un librarsi sempre lieve e

ondeggiante in questa atmosfera di Paradiso, nella quale

non è la legge di gravità a regolare ogni movimento, ma la

legge della gioia.

E così ognuno è libero di librarsi, a mo’ della piuma,

danzando, passeggiando, correndo, volando, saltando,

camminando, posando e riposando, oscillando e ondeggiando,

andando e venendo, salendo e scendendo, ruotando

e invertendo, come disegnando la propria originalità

nell’atmosfera del Paradiso.

Immagini

Giungendo qui e guardando a Lui, la prima cosa che mi

ha colpito è stato il suo fascino, la bellezza della sua persona...

Sulla terra non c’è figura simile. Sì, c’è un accenno,

ma molto vago e vuoto rispetto all’immagine nitida e

serena di Lui, accanto a me, qui in Paradiso. Vedendo mia

madre, l’ho riconosciuta subito. Bellissima e semplicissima.

In una naturalezza estrema che io, quando era sulla

terra, soltanto come una briciola, in questo confronto,

avevo avuto la fortuna di intuire.

Una briciola di Paradiso mi era stata fatta intuire attraverso

di lei, allora. Ma qui, la sua immagine è la sua realtà

ideale. Tutto il meglio di lei raccolto nella semplicità,

espresso da quegli atteggiamenti che noi sognavamo di

lei, ogni tanto, specie appena morta.

Qui, invece, viva e concreta; non solo immaginata, ma

immagine. Sono sempre in collegamento con lei, qui in

Paradiso, attraverso questo amore eterno che lei già vive e

che mi comunica in anticipo, eccezionalmente, come un

assaggio e un aperitivo invitante al Paradiso.

Oltre a mia madre, oltre a Lui accanto a me, incontrando

tante altre persone, noto che la loro immagine, la loro

sembianza, ha un denominatore comune: una specie di età

ideale nella quale tutti si ritrovano e che si rende visibile

in ognuno. Non c’è nessuno troppo anziano né troppo

bambino, qui.

Tutti hanno la sembianza loro ideale, che certo non è la

loro di prima, ma una trasformazione a partire dall’anima.

Un’immagine ideale, appunto, che si rende concreta e

visibile, e che non invecchia, non cambia più. E se tu guardi

a chiunque, sai comprendere di lui il suo vissuto, lo sai

cioè riconoscere.

Anche se qui non è importante quello che ha vissuto,

ma quello che vive. Ad esempio, incontrando il mio amico

Ovì, che nel mondo avevo conosciuto come handicappato

e incapace di pronunciare una sola parola correttamente,

qui lo incontro sotto questa sembianza: un adulto giovanile,

semplicissimo e sorridente; rivedendo in lui il suo passato,

colgo soprattutto la serenità del suo presente.

Il suo volto è idealizzato, ma fondamentalmente è lui:

Ovì, subito riconoscibile. Senza parlare, ci si capisce al

volo. Sa perché io sono qui, e sorride augurandomi buona

fortuna per quando ritornerò, se pur provvisoriamente, tra

i mortali. Mi fa intuire una cosa: lui il Paradiso, da laggiù

sulla terra, lo aveva già intuito proprio grazie alla sua

situazione sfavorevole.

È riconoscente per questo suo passato, e salutandomi

torna a vivere l’eternità del Paradiso. Guardando di nuovo

a Lui, accanto a me, riconosco che anche Lui è stato un

favorevole sfortunato nella vita di prima.

Se non come Ovì, percepisco però che anche Lui ha

provato le sconfitte, le incapacità, le incomprensioni, le

derisioni e la solitudine... e forse proprio per questo ora è

scelto per essermi compagno e vicino nel mio pellegrinare.

Immagino anche i volti degli sfortunati che conosco

sulla terra: quanti privilegiati del Paradiso che, ora scartati

dagli uomini, attendono la loro formazione, la nuova

incarnazione in questa sembianza ideale!

Quale sorpresa per loro, un giorno! Quale messaggio

per me, ora! Scorgo laggiù, dall’eternità, uno che mi si

avvicina e mi si delinea, giovanile ed entusiasta. È un altro

dei tanti amici morti sulla terra.

Allora era un anziano. Mi aveva insegnato a coltivare

l’orto, a trattare la terra. Ora, qui, me lo vedo insegnante a

coltivare il Paradiso, a trattare con Colui che è il Paradiso.

Le caratteristiche di lui ci sono tutte, richiamate in

positivo, al meglio, nel suo sorriso e in quel saluto che mai

mi è mancato sulla terra, e che ora è sublimato in quel

dolce gesto della mano, prima di accomiatarsi.

Raggianti

In Paradiso non vige alcuna religione. Tutte quelle realtà

umane che si posso definire più o meno religioni, sètte

o realtà affini, qui impallidiscono tutte quante, cedendo il

passo all’unica grande ecclesialità: quella del Paradiso.

Tutti appartengono a questa ‘Chiesa’, che non è certo

da intendere come quella della terra.

È la Chiesa, questa, fondata sull’irradiazione della

gioia, e questa irradiabilità è anche la sua ecclesialità,

costituendo appunto il suo essere ‘Chiesa’. Lui, e io

accanto a Lui, ne siamo i raggi.

Ma quanti, infiniti raggi, provengono da questo sole

che è il Paradiso, e tutti riconducibili a Colui che è il

Paradiso! Questa è l’unica vera ‘Chiesa’.

Nel volto dei raggianti, dei ‘credenti’, hai la prova concreta

dell’esistenza del Paradiso, e in quel loro splendore

leggi e vivi e condividi tutto quello che vuoi. In Paradiso,

pertanto, non c’è alcun Libro.

Qui tutta la carta avanza, mentre invece viene avanti la

vita letta alla luce di Colui che è il Paradiso. Ognuno qui

è semplicemente un fedele raggio che vedi irradiarsi e

ricondursi al Cuore del Paradiso.

Questo essere Chiesa non ha riti, né funzioni, né preghiere,

né culto, né edifici, né persone preposte. Tutti sono

Chiesa nell’unità e nella molteplicità dei raggi. Nulla di

più e nulla di meno.

Già... ma cosa fa allora questa Chiesa, che attività svolge

- mi sono chiesto - se non ne ha nessuna di quelle delle

religioni del mondo? E l’ho vista, questa attività, apparire

in Lui che mi è accanto, che è per me raggio di luce del

Paradiso: l’unica attività dalla quale sgorgano tutte le

situazioni e gli atteggiamenti che qui si vivono è questa:

l’attività sacrificale. Sacrificazione di sé: dare tutto quanto

di sé. Sgorga da qui il Paradiso.

E questa è l’attività vitale fondamentale di Colui che è

il Paradiso: Sacrificazione. Ci è data in dono l’intuizione

di fronte a questa domanda: cosa si fa in Paradiso? Ecco

che cosa si fa: ci si dona totalmente. Non ci si tiene per sé,

qui. Si è raggi di un sole che è attività bruciante di amore

sacrificale. Più la donazione è grande, più la luce dei raggi

è intensa. Essere in continua sacrificalità: ecco il cuore del

cammino, del Pellegrinaggio del Paradiso.

Una sacrificalità non fatta di un atto: un sacrificio o più.

No. Si tratta di una mentalità, una intelligenza sapiente

che si fa vita, sempre più, incarnandosi nell’incontro tra i

nostri corpi, nelle nostre persone, nelle vicende che viviamo

in Paradiso. Più si rinuncia a sé, più si riluce. Ecco perché

la Luce Prima e in assoluto è Colui che è il Paradiso:

la sua rinuncia a Sé è talmente grande e profonda, che non

c’è sole più grande. Mentre ammiro gli effetti meravigliosi

di questa attività sacrificale qui in Paradiso, penso anche

all’immenso valore che pure per il mondo questa attività

centrale e fondante di tutto potrebbe avere, se fosse compresa

e meglio accolta. Ma forse finora è stato proprio

della volontà di Colui che è il Paradiso non volerla comunicare

appieno, per viverla più profondamente in Sé, a

favore di tutti, finchè fosse maturato il tempo, cioè quello

di adesso: il tempo del Paradiso.

Ardenti

Il Paradiso è come un fuoco scoppiettante, emanante

calore e scintillìo, sfavillante e brulicante, brillante e irradiante,

ardente e bruciante, ma senza consumarsi mai. Anzi,

trasformando ciò che consuma. Sembra non consumare, ma

consuma. Brucia l’energia della gioia e la trasforma, irradiandola

in luce di Paradiso.

Brucia l’amore che tu rechi a questo fuoco, trasformandolo

in vitalità generante.

Brucia la tua offerta, innalzandola, trasformandola in presenza

incessante a Colui che è il Paradiso. Brucia il tuo desiderio,

trasformandolo in fuoco del Paradiso. I cuori, qui in

Paradiso, non pulsano: ardono.

Sono come fiaccole viventi che nella notte testimoniano

la luce del Paradiso. Qui in Paradiso tutti sono semplicemente

‘martiri’: testimoni ardenti.

Si brucia la proprietà di se stessi, per essere senza proprietà

espropriativi, donativi, gratuiti: è il gratis della grazia.

Il Paradiso è il più alto martirio, la più profonda delle rinunce

che si vanno trasformando in scelte donative, generando

appunto la testimonianza più sublime: il martirio.

Non un martirio del sangue, del corpo, della spada, ma un

gioioso martirio della vita, dell’essere non più proprietà di se

stessi, affidandosi totalmente nelle braccia di Colui che è il

Paradiso. Non si tratta di un atto fatto e finito, no.

È il cammino, l’eterno Pellegrinaggio che si vive qui;

imitando, sebbene lontanissimamente, quell’atto puro,

unico, irripetibile, irrinunciabile, libero ed eterno che è proprio

di Colui che è il Paradiso, il Primo Martire in senso

assoluto.

Il Primo espropriantesi e generante la gratuità della grazia.

Il Primo che si sacrifica sempre, producendo sempre più,

come effetto, il Paradiso. E anche in questo caso, non si tratta

di un atto unico, fatto e finito lì.

Ho intravisto, appena appena, la presenza di questo

Martire Ardente, nella vicinanza di Lui che mi è accanto, in

Lui che ne è il riflesso illuminante.

Colui che è il Paradiso si sta donando da vivere, si sta

espropriando, anche ora, mettendosi totalmente nelle nostre

mani, nella nostra vita, senza più mantenere alcuna proprietà

di se stesso.

Per amore. E per noi, ecco la grande responsabilità, la

risposta gioiosa a questo atto di amore: farlo vivere attraverso

di noi, con noi.

Lui, accanto a me, mi sta richiamando ora proprio questo.

Lui è il Martire del Martire per eccellenza, il Testimone del

Testimone Primo e Assoluto. E il Paradiso, dunque, è martirio,

incontro di espropriazione, e si dà da vivere anche a me,

in questo momento, trasformandosi in dono gratuito, totale,

senza condizioni.

Ogni volta che condividi questa avventura del martirio, ti

senti trafiggere il cuore, perché ti accorgi di essere proprio al

Cuore, al Centro, a quel nucleo piccolo come un atomo,

quasi impercettibile, e che eppure è l’essenza del Paradiso:

sacrificare la proprietà di se stessi, per amore.

Tutto si fonda su questo atto continuo di sacrificazione,

su questo sacrificio sempre in atto, anche ora: Colui che è il

Paradiso non si tiene per Sé, ma si dà da vivere interamente

e completamente a me, a ciascuno, condividendo fino in

fondo in questo modo la vita, in questo martirio supremo che

testimonia il suo Amore qui in Paradiso e anche nell’oggi del

mondo, dove questo miracolo strabiliante ancora è nascosto

e soltanto accennato, in quel segno di speranza che è il

mondo rinnovato del Paradiso.

Orientati

Si è tutti orientati a un unico riferimento, qui in

Paradiso: a Colui che è il Paradiso. Ti senti nella mente,

nell’anima e nel cuore un pulsare, come un indicatore

interno, che ti orienta, ti fa da bussola verso questo Nord.

Sebbene tutti siano liberi di vivere situazioni le più disparate

e apparentemente diverse e lontane tra loro, non c’è

dispersione alcuna.

Lui, accanto a me, mi indica, mi orienta, in tutto il suo

essere, a questo riferimento. Non sono mai disorientato o

confuso, grazie a Lui. Tutto dunque converge a questo

Uno. Senti come un magnetismo, dentro di te e attorno a

te, che ti attira dolcemente ma efficacemente, e tutto convoglia,

in questo viaggio che è come quello di un treno sui

binari dell’infinito.

Non ci sono leggi o richiami esterni di alcun genere qui

in Paradiso, dunque. Nessuna regola esterna, nessun

governamento esteriore, nessun comando o comandamento

da fuori. C’è questa energia orientante alla gioia, semplicemente

questa. È un po’ come - usando un’immagine

di una realtà che qui non c’è - quegli stormi di volatili che

vedi migrare con un senso di orientamento eccezionale,

che li spinge sempre verso il meglio, alla situazione ideale

per il progresso della vita.

Così è qui: sei un migratore, uno che vola verso quelle

realtà che ti sono date in dono e ti permettono di migliorare,

progredendo nella vita del Paradiso. Sta di fatto che qui in

Paradiso puoi girare ad occhi chiusi, o ad occhi aperti contemplando

altre situazioni diverse da quella che hai di

fronte, senza mai incontrare ostacoli, senza nessun

inciampo. Questa specie di - passi l’espressione - ‘pilota

automatico’ ti permette di mantenere la rotta senza alcuna

preoccupazione. L’orientamento non è solo verticale, ma

anche orizzontale: dà anche la possibilità di condividere

con ogni realtà del Paradiso.

Ogni situazione che è o che entra a far parte del

Paradiso - ad esempio: il sole, e io stesso quando sono

entrato qui - è percepibile a tutti quanti, perché tutti sono

orientati a questo sorgere, alle nuove appartenenze alla

Famiglia, a tutte le realtà nuove che entrano o crescono in

Paradiso.

È come se ci fosse una porta d’ingresso - anche se non

esiste assolutamente alcuna porta, qui - dalla quale passano

tutte le realtà destinate al Paradiso, e che qui si orientano

a loro volta a Colui che è il Paradiso.

Orientamento verticale e orizzontale costituiscono un

unico grande sentire: che c’è il Paradiso. Giungendo qui,

la prima impressione che hai è quella di un grande ‘benvenuto’

che ti è dato da tutti insieme. È come se si aprisse un

sipario e tu, senza vedere nessuno in platea, a causa dei

riflettori che ti sono puntati addosso, li senti tutti che ti

danno il benvenuto con i loro intensi applausi.

Ecco, una cosa simile ho sperimentato giungendo qui,

guardando a Lui e sperimentando attraverso di Lui questo

immenso saluto fatto non di voci o di applausi esteriori,

ma di una gioia tutta orientata e orientante a Chi in quel

momento mi porgeva il saluto: a Colui che è il Paradiso.

Ci sono anche delle realtà esteriori che ti aiutano nell’orientamento, qui in Paradiso:
il sole, ad esempio. Ma sono tutte relative, non così importanti e inserite in te

come è questo orientamento, che è più del sole che vedi, e

che ti fa vivere le realtà e le situazioni le più vicine e le più

lontane senza alcuna differenza; che ti permette anche di

stare immobile mentre tutto passa attorno e penetra in te.

E che ti fa capire che qui il modo di vivere è davvero totalmente

trasformato rispetto a prima.

Questo orientamento ti fa fare - per così dire - passi da

gigante. Che dico, da gigante? Di più, infinitamente di più.

Interrogativi

In Paradiso si può davvero dire che ogni interrogativo

trova la sua risposta. Anche se gli interrogativi rimangono.

Restano come domande sotto forma di desideri di ricerca,

nelle scelte che si fanno, nel chiedersi come procedere,

come vivere la realtà che ti si presenta. E la risposta è

subito pronta, la scelta è subito fatta. Ma gli interrogativi

restano e riappaiono, come stimoli all’avventura e al procedere

nel cammino. Non sono dunque gli interrogativi

del non conoscere, ma del sapere e gustare maggiormente,

sempre più, e senza fine.

Sono gli interrogativi della meraviglia, della contemplazione,

della gioia e dell’intensità della festa. Anch’io,

riguardo a Lui che mi è accanto, mi pongo l’interrogativo:

ma come è possibile una realtà così positiva in Lui?

Com’è possibile la gioia di questo nostro cammino? Come

può esserci una così grande serenità tra noi e attorno a noi?

Ma il più importante interrogativo, la domanda più profonda

e sempre aperta, riguarda Colui che è il Paradiso:

chi è? È la domanda di sempre e di tutti, forse la più elementare,

eppure sempre anche la più indefinibile, anche

qui. Vivi in questa Presenza, eppure non la esaurisci mai.

Sai chi è, ma non in modo completo.

Non puoi definire questa Presenza, né racchiuderla in

una risposta. Colui che è, è sempre domanda e risposta in

te. È questo il senso del cammino, del Pellegrinaggio.

Mai compiuto, eppure che ti realizza sempre più.

L’interrogativo più grande è dunque il desiderio di

avvicinarsi di più, ad ogni passo che fai. È la domanda di

gioia, che trovando risposta fa riaccendere scoppiettante la

richiesta di una maggiore vicinanza.

Colui che è il Paradiso non si esaurisce mai né mai ti

esaudisce completamente in una risposta, nemmeno qui in

Paradiso. Il Paradiso è una grande domanda, un interrogativo

che continuamente ti si propone, un punto di domanda

senza parole, di fronte al quale tu riaffermi le tue scelte,

rafforzi il tuo procedere, intensifichi il tuo essere e

vivere in questa realtà.

Il Paradiso suscita la domanda e dona la risposta, continuamente,

e sempre di più. Il Paradiso ti attende, ti invita,

ti propone il desiderio. E allora ti accorgi di essere più

libero che mai. Ognuno qui in Paradiso è un interrogativo,

è un segno del mistero di questa gioia. Guardando a Lui,

accanto a me, lo vedo e lo considero nel suo essere segno

interpellante, interrogante.

Lo sento che pone la domanda di me, e a me. Lo percepisco

porre la domanda su ogni realtà che vive, e porsi la

domanda nei confronti di Colui che è il Paradiso. La risposta

è già nella domanda: illuminata. Le domande vivacizzano

il Paradiso, partendo dal suo Centro.

Sono la garanzia della vivacità del Paradiso. Ti rendi

sempre più conto che sei fatto per domandare, per esprimere

questo uscire da te stesso e andare verso l’altro e

verso la realtà, alla scoperta e alla ricerca. Domandare è

cercare. E cercare è vivere. Per usare un’espressione terrena:

mai come ieri: sempre più; e mai come domani: sempre

di meno.

Sempre più di ieri, sempre meno di domani.

Qui, dove non c’è né oggi, né ieri, né domani, la

domanda si estende nell’eternità, e la risposta altrettanto.

Le senti entrambe come un vento che va e che viene,

che ti sfiora e ti accarezza, invitandoti a partecipare al suo

gioco. Il Paradiso? Il Paradiso!

Sono una domanda e una risposta che si susseguono

come - utilizzando un’immagine umana che qui non ha

riscontro - la sistole e la diastole che fanno scorrere il sangue

e permettono al corpo e all’anima di crescere.

Qui il cuore ha un solo movimento: quello eterno dell’amore,

della gioia del Paradiso.

Esclamativi

In Paradiso tutti si conoscono, ti chiamano. E tu li chiami.

Si crea in te la consapevolezza di essere un chiamato,

un invitato, uno a cui viene regalato l’invito a vivere in

Paradiso. E vivi da chiamato, da invitato. Incontrando gli

altri, li senti loro pure chiamati e invitati.

Come a una festa. Ma molto di più, qui. Perché qui è

sempre festa. E il bello è che si fa festa senza nulla di

eccezionale. Né musiche, né balli, né rinfreschi, né addobbi.

Niente di tutto questo. La festa consiste nel rimanere

incantati. Un incantesimo?... Sì, però reale.

La festa sta nel contemplare, a bocca aperta, quello che

ti succede dentro e attorno. Spesso rimango incantato ad

osservare il sorriso di Lui, perché è un sorriso parlante,

illuminante, che ti spiega e ti fa vivere quelle realtà che in

esso sono accennate. Qui sei chiamato a far festa, ma

soprattutto ad essere in festa. La festa consiste nel fatto

che ti senti un chiamato. Non è il fatto che ti hanno chiamato,

ma che ora ti chiamano: è, per intenderci, una chiamata

che dura all’infinito. Non c’è un prima: ti hanno

chiamato, e un poi: vai a far festa. C’è solo una chiamata

da dentro di te che prosegue e ti forma la coscienza dell’essere

in festa... E la festa esteriore?.

Niente. La coscienza dell’essere un chiamato e a tua

volta un chiamante è la vera festa, qui in Paradiso. È l’essenza

della festa, questa, perché comprendi sempre più

che la gioia della festa non è esterna a te, ma sei tu, di

fronte e in comunione con Colui che ti chiama: il Paradiso.

La festa è come una voce, un respiro, un’anima che ti

passa dentro e ti forgia a tua volta come un chiamante. A

essere nella festa, nella gioia.

Nel nome di una voce: quella del Paradiso. E comprendi

allora che la voce che ti invita ad essere in festa ti stimola

al Pellegrinaggio, ad andare incontro con gioia a

questa situazione; e che il cammino non pesa affatto, non

stanca, ma è leggero e spedito.

Ecco perché negli affreschi gli angeli hanno le ali! Qui

non le ha nessuno, ma tutti volano gioiosi e veloci come

angeli con le ali. Certezza e fiducia vanno d’accordo, qui

in Paradiso. Sei certo e sicuro, ma anche cerchi, e approfondisci

la certezza.

Approfondisci e trovi, e trovando cerchi di nuovo. E

anche questo cammino di ricerca va leggero e spedito, con

le ali. Quando guardo a Lui che mi è accanto, devo proprio

riconoscere: ci si intende al volo! Anche noi due, nella

nostra intesa, abbiamo le ali. In Paradiso, perciò, non ci

sono riunioni, di nessun tipo: c’è subito unione.

Ma la chiamata più intensa e nello stesso tempo più

rapida è quella che proviene da Colui che è il Paradiso.

Questa chiamata è talmente veloce che non fa nemmeno

a tempo a farsi voce nella tua coscienza, ma la velocità

ottiene una forza di profondità tale, che puoi davvero

dire che è più intima a te di te stesso.

Velocissima e di lunghezza infinita, ti mostra quanto è

profondo il tuo cuore: infinito.

E il bello è poi quando cerchi di rispondere. Come chiami

Colui che è il Paradiso? Con che nome? Con che voce?

Con che timbro? Con che tono?...

Finora io mi rivolgo a Colui che è il Paradiso seguendo

l’indicazione di Lui che mi è accanto: con lo sguardo estasiato,

con la bocca silenziosa e con il cuore pieno di gioia.

Sono certo che questa chiamata raggiunge in pieno il

Cuore, questo Centro traboccante di gioia che riversa una

realtà che ti fa acclamare, senza nemmeno un filo di voce,

ma solo contemplando ciò che avviene per te in questa

meravigliosa realtà del Paradiso.

Puntini

Cos’hai di fronte, davanti allo sguardo, quando sei in

Paradiso? Avevo pensato di essere faccia a faccia con un

Qualcuno. Avevo pensato di avere di fronte un’immensa

natura paradisiaca. Avevo immaginato di vedere un

mondo bellissimo da poter descrivere nei più piccoli particolari

e presentarsi lì, subito, come panorama. Avevo

sognato queste e simili cose.

Ma mai avrei pensato di trovare quello che veramente

appare di fronte agli occhi: puntini. Tantissimi, e in lontananza,

su uno sfondo neppure colorato, anzi, un po’ sbiadito.

Puntini. Sorrido.

Sorrido, perché arrivando in Paradiso così vidi anche

Lui che mi è accanto: in lontananza, ecco un puntino

emergere veloce da tutti gli altri, avvicinarsi e manifestarsi

come ‘Lui’. Adesso che mi è tanto semplice e naturale

vedere il Paradiso, penso proprio di averlo già un tempo

intravisto, e tante volte, stropicciando per caso le dita sugli

occhi, e vedendo... sì, proprio una specie di questo sfondo

del Paradiso. Il Paradiso - non c’è proprio niente da fare -

è fatto di cose piccole, che si aprono, che, se ci guardi dentro,

appaiono e si rivelano per quello che sono: più gustose,

preziose e importanti di ciò che tu potevi immaginare

come l’infinito e la grandezza più immensa. Eh, sì. Perché

mancava, finora, il punto - vorrei quasi dire: il puntino - di

vista: quello del Paradiso.

E quello che affascina e colpisce ancor di più, ora, è il

sapere che anche Colui che è il Paradiso si svela, rivela e

comunica a partire proprio da uno di questi puntini che

appaiono improvvisi sullo sfondo, e che poi scompaiono

in quella realtà che si fa vicina. In quanto a piccolezza,

penso proprio che il Paradiso sia il... massimo!

Più piccolezza di così, non si potrebbe proprio. Sorrido

ancora, perché finora misuravo il Paradiso col metro dell’infinità,

mentre basta poco, forse meno di un millimetro,

per vedercelo già dentro, tutto quanto e vivo.

Ad ogni situazione nuova, in Paradiso, corrispondono

tanti nuovi puntini, che poi ti si rivelano come le realtà che

ti vengono date in dono in quell’incontro. Non li ho mai

contati, nemmeno quando ne avevo pochi di fronte, forse

perché scompaiono subito, per rivelarti quello che nascondono;

o forse perché sono più attratto e desideroso di

incontrare la situazione che dietro il puntino appare.

O forse ancora perché, in fin dei conti, i puntini in se

stessi non sono niente più che puntini: valgono solo come

segni, trattini di collegamento con le cose che indicano.

Certo che non avrei proprio mai pensato di porre attenzione

a dei puntini, qui in Paradiso.

Questi puntini però, da un altro punto di vista, non sono

semplicemente dei segni, qui. Non so come spiegarlo, e

forse non è da spiegare, ma solo da intuire. Ci provo.

Inizierei col chiamarli: i puntini della metamorfosi: della

trasformazione, più che della rivelazione. Perché, se è

vero che essi rivelano, però dicono anche ciò che avviene

in questa rivelazione: una metamorfosi. Il puntino, insomma,

è la punta del Paradiso: la percezione più attenta e preziosa

di ciò che è Colui che è il Paradiso, e di conseguenza

tutto il Paradiso.

In quel puntino c’è il germe della vita, il DNA, potremmo

dire, del Paradiso, la sua essenza, centralità e profondità,

ciò che fa essere e trasformare in meglio tutto quanto

esiste qui. Quel puntino è una concentrazione somma di

tutte le potenzialità esistenti qui.

È un racchiudersi in un bozzolo vitale. È come quel

baco da seta che si costruisce il bozzolo e si racchiude in

esso; e in esso vive la sua morte metamorfosante, trasformantesi

in vita migliore: in quella farfalla che, piena di

colori, prenderà il volo per una nuova avventura.

In questo puntino si racchiude dunque Colui che, come

il baco da seta, muore, germinando la vita, trasformandosi

in irradiazione di vita universale.

Tutto ciò però racchiuso in quel puntino. Un piccolo

punto. Come tutti quei puntini. Un punto da capire.

Sssst!

Mi sono accorto che in Paradiso non ci si distrae mai.

Si è sempre attenti. C’è come un richiamo all’attenzione,

a ciò che vivi. E questo richiamo l’hai dentro di te. Per cui,

vivi in pienezza, sempre, quello che ti è dato.

C’è come un alone di attenzione che permea tutta l’atmosfera

del Paradiso. E anche tutti. Ad esempio, io mi

sento sempre, in ogni cosa che faccio, che penso, che vivo,

immerso nell’attenzione. Tutti sono attenti a quello che

vivi, nessuno è mai distratto da te. Lui, accanto a me, lo

vedo sempre attento a me, come anch’io sento di avere

attenzione a Lui. Ma anche a tutti.

E non è uno sforzo, questo atteggiamento. È una realtà

naturale. È così, in Paradiso. Ma ciò che accresce sempre

più questa naturale e serena attenzione è che senti di avvicinarti

sempre più a Colui che è il Paradiso. Sei attento

perché si avvicina, in ogni cosa che succede, ad ogni

passo, e sempre di più.

Per questo sei profondamente attento, e non ti distrai

mai da questo Centro di attenzione.

Sei cosciente di essere un nulla, perché ti senti perdere

in questa infinità, e allo stesso tempo ti accorgi di essere

protagonista, non per tuo merito, in questa meravigliosa

avventura. E l’attenzione che vivi ti fa collegare e coniugare

questi due atteggiamenti, che parrebbero contrastanti

e inconciliabili. Già: in Paradiso, tutto appare come un

puzzle dove tanti elementi diversi si richiamano e si collegano

per formare un’unità, che attraverso di te trasmette

gioia e dona nuove possibilità di vedere e rivedere tutto

quello che avviene come motivo di serenità crescente e

incessante. Lui, accanto a me, è un tassello di questo puzzle.

E forse lo sono anch’io, accanto a Lui. In Paradiso c’è

ordine. Tutto è al suo posto, niente è fuori dal suo posto. E

non emerge tanto la perfezione delle realtà, no.

L’impressione prima è proprio l’ordine. E anche tu, ti

senti ordinato: al posto dove sei corrisponde sempre il

posto dove devi essere.

È una meraviglia questo ordine, perché ogni realtà, pur

separandosi da un contesto, guardandola, sai già dove va a

trovarsi, dove è il suo ordinamento. Ad esempio, io so che

Lui, pur essendo accanto a me, è destinato a trovarsi non

solo e soprattutto con me, ma con Colui che è il Paradiso:

lo vedo ordinato a questo Centro, pur essendo ora qui con

me. Questo ordine, dunque, non è una realtà statica, per la

quale dici: c’è ordine; ma è un dinamismo, un orientamento

verso un Centro dove tutto è ordinato e da cui è meravigliosamente

regolato.

Il Paradiso mi dà l’idea di essere come una meravigliosa

e ordinata ragnatela sempre in espansione, all’infinito.

O un grande alveare in continua evoluzione, dove le api

vanno e vengono, depositandovi prelibato nettare. O un

formicaio in cui si può ammirare, nella piccolezza, l’ordine

accurato e il movimento orientato alla vita.

Questa immagine delle formiche, ora, la vedo applicata

in questo brulicare silenzioso e operoso di gioia. Se

osservo anche Lui, accanto a me, devo proprio riconoscere

di sentirlo piccolo piccolo, e non un grande personaggio.

Piccolo, semplice, umile e gioioso.

La piccolezza delle realtà del Paradiso, pur mantenendo

la loro caratteristica di infinità ed eternità, ti fa considerare

con ancor più attenzione e cura tutto ciò che sta

avvenendo. Ogni piccola presenza è preziosa, qui; ogni

piccolo passo è decisivo, ogni piccolo atteggiamento ti fa

gustare meglio il sapore dell’infinito e il valore dell’eternità.

Colui che è il Paradiso ti si comunica nella piccolezza,

nell’attenzione ai passi che fai, nei piccoli incontri che

hai, nelle minute realtà che pullulano e costellano l’infinito

del Paradiso. Paradiso: un prezioso, piccolo segno di

Colui che lo è.

Dentro

Ti trovi subito ‘a casa’, qui in Paradiso. Sei dentro, in

sintonia con tutti, in accordo pieno, a tuo agio, in famiglia,

e con una profondità tale che è come inabissarsi in un

oceano, scrutando ora qua e là i nuovi mondi, le nuove

realtà fino ad allora sconosciute, e che senti ti stanno

diventando familiari.

Questo camminare sempre più dentro e in profondità

non è solo da parte mia. Sento infatti che anche Lui,

accanto a me in questo nostro pellegrinare, entra sempre

più a far parte del mio mondo, della mia realtà; e io mi

sento scrutato e conosciuto da Lui sempre più in profondità.

È un entrare dentro che apre, questo.

Più entri dentro il Paradiso, e più ti si aprono nuovi

oceani in questa immensità. Più il Paradiso entra dentro di

te, e più in te vedi aprirsi nuove profondità, e ti scopri aperto

a nuove situazioni e disponibile a nuovi mondi. Senti di

essere come il Paradiso, e percepisci che il Paradiso è un

‘Colui’: come te, Persona.

Non solo come te, ma dentro te. Nel Paradiso ti immergi.

E questa è un’avventura. Avventura dell’intimità; non

quella che si restringe nell’intimismo, ma quella che apre

alla dimensione sacra di un Paradiso infinito. Il ‘dentro’ è

come se si propagasse al ‘fuori’.

Più entri nell’intimità, nella sacralità, più entri nell’immensità.

È a questo punto che il Pellegrinaggio ti si rivela come

il nuotare nell’oceano, cullato dall’acqua e dalle benevoli

correnti che ti si formano attorno, per farti star dentro in

questo immenso piacere, in questa serenissima gioia, sentendo

il tuo peso leggero gongolarsi sulle onde dell’infinito.

Ogni tanto, volgendo lo sguardo a Lui che mi è accanto,

mi viene da chiedergli: ma adesso, dove ci troviamo?

In quale parte, in che luogo del Paradiso? La risposta è

sempre più profondamente questa: dentro! Sta di fatto che

questo essere dentro ti fa escludere ogni problema di solitudine.

Ti senti sempre ‘con’ il Paradiso.

Ma non nel senso che non stai da solo, che c’è tanta

gente. Qui ti senti soprattutto in comunione: ecco in che

senso ‘con’. Ti percepisci sempre con Colui che è il

Paradiso, e questo è un continuo stupore che suscita nuova

ricerca e altro desiderio.

E vivi e rivivi Colui che è il Paradiso. Anche ora, io sto

rivivendo, ri-suscitando l’esperienza di Colui che è il

Paradiso, attraverso Lui che mi è accanto. Lo sperimenti

dentro, in te e negli altri, il Paradiso. Il Paradiso ti chiama

dentro, non ti lascia mai fuori ad aspettare o a guardare

come ad uno spettacolo. Il Paradiso ti invita dentro la stanza

dell’intimità, per un rapporto pieno e concreto, intenso

e piacevole. Ecco: il piacere.

Ti piace stare in Paradiso. Proprio come è un piacere il

rapporto con una persona che ami. E non intendo solo un

rapporto morale, spirituale, amicale, ma soprattutto: sponsale.

La piacevolezza del Paradiso consiste nel piacere,

quello puro e non contaminato, quello non scadente ma

esaltante e arricchente, il piacere fatto di luce: di Paradiso.

Paradiso e piacere: un binomio ottimo. Paradiso è piacere:

un’unione superlativa.

Piacere di stare dentro, con Colui che è il Paradiso.

Dentro questo piacere entri, sempre di più, senza fine. Ma

non è come il piacere umano, che si esaurisce, ed è finito.

No. Questo di piacere è progressivo: più entri dentro, più

ti si fa dentro e ti fa essere così: uno che vive del piacere

del Paradiso. Un rapporto sponsale.

Ecco il segno umano del rapporto del Paradiso. Lui e io

lo stiamo vivendo, questo piacere. E siamo pellegrini in

questa piacevole avventura.

E gustiamo questo di Paradiso. Più ti avvicini a Colui

che è il Paradiso, più vai avanti e indietro da questo Cuore,

più giri e rigiri attorno a questo Luogo Santo, e più ti

accorgi che stai vivendo un’esperienza piacevolissima e

che mai si spegne, anzi, si va accrescendo. È il piacere di

vivere il rapporto con Colui che è il Paradiso.

Ambulanti

Già... in Paradiso si è così: ambulanti: si va e si viene.

Gira e rigira, potremmo dire... Un circolo vizioso? No,

assolutamente. Qui, se passi in una situazione e se poi ci

ripassi, non la trovi più uguale, né più tu sei lo stesso.

Cambia quella, e cambi tu.

È sì un gira e rigira, un ambulare avanti e indietro, ma

in una continua progressione. È una processione progrediente.

Ogni giro e rigiro ti avvicina di più al Cuore del

Paradiso, ogni andare avanti e indietro (rispetto a che

cosa?) ti fa sentire meglio la tua appartenenza al

Pellegrinaggio. Sta di fatto che in Paradiso c’è vita, anzi,

vitalità; meglio ancora: vivacità. Non ce n’è uno che sia

fermo. Tutti si muovono in una esperienza vivificante di

gioia. In questo senso, c’è l’impressione che ci sia come

un po’ di vento, una brezza.

Ma non c’è: è il fatto che vedi e vivi tutto in movimento.

Tutto ambulante. Lo stesso riposo (se così si può chiamare

l’impressione di essere sereno e stabile) è occasione

di una ricarica effervescente che ti fa gioire. Non c’è mai

il riposo assonnato e incosciente, qui. In Paradiso si è sempre

ambulanti: pellegrini.

Lui che mi è accanto, ad esempio, nel suo sorriso sembra

come voler trattenere quella sovrabbondante gioia che

gli sprizza dagli occhi perché troppa, infinitamente incontenibile.

In questo senso, vedo che Lui cammina, anzi, corre,

anche quando è lì di fronte a me e mi fissa negli occhi.

Non è mai fermo, Lui, nemmeno allora. E questo ti avvince,

ti coinvolge come un invito a festa, a percorrere con

Lui, attraverso di Lui, le innumerevoli strade del Paradiso,

ambulanti, con tutto e senza niente, a spasso cercando

Colui che ci cerca, camminando senza fatica e senza riposo,

sostenuti da una terra che ti viene a mancare sotto i

piedi. Camminare per il Paradiso ti fa bene: all’anima e al

corpo. Anche al corpo.

Ti fa sentire che il corpo non è un peso, ma il segno

della concretezza, dell’esserci davvero, del muoverti e del

muovere la situazione nella quale sei. Con il corpo segni e

disegni tutte le realtà che vuoi del Paradiso. Diventi sempre

più, insomma, creatore di situazioni e regista di eventi

e di divertimenti.

Con il corpo ti accorgi che puoi toccare con mano il

Paradiso, e che il Paradiso è molto più concreto di te. Una

cosa che mi ha colpito, qui in Paradiso, è il fatto che nessuno

si tocca, né si da la mano, né si abbraccia. Mi è parso,

al primo momento, di essere tra gli ‘intoccabili’.

Nel procedere del cammino, ho intuito e iniziato a

vivere questo nuovo rapporto, finora impensabile, che

regola il Paradiso: ci si tocca e si comunica con il corpo,

ma alla maniera di Colui che è il Paradiso. Io e Lui accanto

a me, mai neppure ci siamo sfiorati. Eppure entrambi

abbiamo un corpo.

A poco a poco ho imparato come filtrare la percezione,

i sensi, tra me e Lui; e la sensazione è molto più che concreta.

Non so come sia di preciso; anche perché, intanto, il

mio corpo è molto diverso dal corpo di Lui: il mio è ancora

mortale, il suo immortale ed eterno.

Però, l’intuizione dello scambio c’è stata, e sono sicuro

che Lui non solo sente e percepisce con il suo corpo il

mio, ma che è anche in contatto con tutti gli altri corpi in

Paradiso. In Paradiso c’è di bello che puoi stringere la

mano a chi si trova chissà dove in quell’infinito, e sentirsi

posare la mano sulla spalla da chi si trova - usando una

misura umana - a migliaia di anni luce.

Per di più, non uno e poi un altro, ma contemporaneamente!

Ecco, ecco... adesso, per esempio, sento stringermi

la mano, a mo’ di congratulazione, da Lui e da tutti quelli

del Paradiso. Sorrido e ricambio.

Davanti

Colui che è il Paradiso mi sta sempre davanti, mi è tutt’ora

presente; e io sono sempre cosciente di essere alla

sua presenza. Lui, accanto a me, mi indirizza piano piano

e progressivamente in questa coscienza, a rendermene

conto maggiormente. So anche che ben diversa dalla mia

è la sua esperienza del Paradiso: io, che devo ritornare da

dove sono venuto, ospite di passaggio; Lui, eternamente

nella beatitudine.

Certo, in questo senso c’è diversità tra me nel Paradiso,

e loro del Paradiso. Lo sento, anche se non so di preciso

delineare cosa comporti questa diversità, ma solo intuirlo.

Per quanto mi riguarda, la Presenza che mi ritrovo in dono

è di estrema delicatezza, come un respiro che percepisci

appena appena e se vuoi.

Sento così di essere sempre davanti a questa Presenza,

e che Essa è di fronte a me. Sempre, e sempre più. E questa

situazione fa essere al meglio tutto quanto il resto: ciò

di cui non mi preoccupo affatto, perché so che tutto è

regolato e regalato dall’essere in Paradiso. Questo essere

‘davanti’ ti dà il senso dell’autorità. Ma questa parola

forse non esprime ancora il meglio di ciò che reca in sé:

autorità non funzionale, non sopra; ma uno scorrere, un

sentire che dentro di te la tua anima, la tua mente e il tuo

cuore scorrono in nome del Paradiso, vivono e desiderano

sempre più vivere in Colui che è il Paradiso.

E così mentre ti riscopri suo pellegrino, scopri che

Colui che è il Paradiso è Pellegrino di te, perché con te

cammina e ti segue, in un ‘davanti’ che appare sempre

‘dietro’ ogni situazione e atteggiamento.

Lui, accanto a me, mi sta facendo intuire come questo

‘davanti’ sia delicato e fortissimo nello stesso tempo: delicato

perché non irrompe, non disturba mai, non osa, non

forza mai e non urta niente di quello che sei; forte, perché

sai di poter contare fino in fondo su questa presenza, perché

la percepisci fin nel midollo delle ossa, profondissima

e vitalissima. Senti che la tua forza è la sua, il tuo senso di

vita è il suo, il tuo pellegrinare con questa Presenza è

anche il suo pellegrinare con te.

Colui che è il Paradiso sceglie Lui accanto a me come

sua Autorità. Colui che è ‘davanti’ a Lui sceglie, ‘dietro’

di Lui, di vivere la sua Autorità. Dietro di Lui scorre

l’Autorità di Colui che è il Paradiso. Davanti a te c’è dunque

sempre un segno del Paradiso, e mai ti manca. Come

ora io vedo davanti a me, nell’anima, nel cuore e nella

mente Lui, cioè il segno illuminante di Colui che è il

Paradiso. Davanti a te c’è sempre un segno del Paradiso:

questa è la garanzia che non ti è lasciata mai scadere.

Mi viene da sorridere, ora, pensando che ogni qualvolta

nominavo o sentivo nominare il Paradiso, istintivamente

guardavo in alto, su, al cielo.

Certo che poi non lo vedevo il Paradiso, certo che ne

perdevo il senso e l’orientamento! Il Paradiso sta ‘davanti’,

e in un davanti non chilometrico. In questa infinità del

Paradiso io sento sempre più che il suo centro, Colui che

è il Paradiso, è ‘davanti’ a me, pupilla a pupilla, bocca a

bocca, orecchio a orecchio, anima a anima, mente a

mente, cuore a cuore.

Terrestre

Si sta avvicinando, lo sento, il momento del mio ritorno. Percepisco piano piano il riavvicinarsi dell’atmosfera terrestre, che mi penetr...