Giungendo qui e guardando a Lui, la prima cosa che mi
ha colpito è stato il suo fascino, la bellezza della sua persona...
Sulla terra non c’è figura simile. Sì, c’è un accenno,
ma molto vago e vuoto rispetto all’immagine nitida e
serena di Lui, accanto a me, qui in Paradiso. Vedendo mia
madre, l’ho riconosciuta subito. Bellissima e semplicissima.
In una naturalezza estrema che io, quando era sulla
terra, soltanto come una briciola, in questo confronto,
avevo avuto la fortuna di intuire.
Una briciola di Paradiso mi era stata fatta intuire attraverso
di lei, allora. Ma qui, la sua immagine è la sua realtà
ideale. Tutto il meglio di lei raccolto nella semplicità,
espresso da quegli atteggiamenti che noi sognavamo di
lei, ogni tanto, specie appena morta.
Qui, invece, viva e concreta; non solo immaginata, ma
immagine. Sono sempre in collegamento con lei, qui in
Paradiso, attraverso questo amore eterno che lei già vive e
che mi comunica in anticipo, eccezionalmente, come un
assaggio e un aperitivo invitante al Paradiso.
Oltre a mia madre, oltre a Lui accanto a me, incontrando
tante altre persone, noto che la loro immagine, la loro
sembianza, ha un denominatore comune: una specie di età
ideale nella quale tutti si ritrovano e che si rende visibile
in ognuno. Non c’è nessuno troppo anziano né troppo
bambino, qui.
Tutti hanno la sembianza loro ideale, che certo non è la
loro di prima, ma una trasformazione a partire dall’anima.
Un’immagine ideale, appunto, che si rende concreta e
visibile, e che non invecchia, non cambia più. E se tu guardi
a chiunque, sai comprendere di lui il suo vissuto, lo sai
cioè riconoscere.
Anche se qui non è importante quello che ha vissuto,
ma quello che vive. Ad esempio, incontrando il mio amico
Ovì, che nel mondo avevo conosciuto come handicappato
e incapace di pronunciare una sola parola correttamente,
qui lo incontro sotto questa sembianza: un adulto giovanile,
semplicissimo e sorridente; rivedendo in lui il suo passato,
colgo soprattutto la serenità del suo presente.
Il suo volto è idealizzato, ma fondamentalmente è lui:
Ovì, subito riconoscibile. Senza parlare, ci si capisce al
volo. Sa perché io sono qui, e sorride augurandomi buona
fortuna per quando ritornerò, se pur provvisoriamente, tra
i mortali. Mi fa intuire una cosa: lui il Paradiso, da laggiù
sulla terra, lo aveva già intuito proprio grazie alla sua
situazione sfavorevole.
È riconoscente per questo suo passato, e salutandomi
torna a vivere l’eternità del Paradiso. Guardando di nuovo
a Lui, accanto a me, riconosco che anche Lui è stato un
favorevole sfortunato nella vita di prima.
Se non come Ovì, percepisco però che anche Lui ha
provato le sconfitte, le incapacità, le incomprensioni, le
derisioni e la solitudine... e forse proprio per questo ora è
scelto per essermi compagno e vicino nel mio pellegrinare.
Immagino anche i volti degli sfortunati che conosco
sulla terra: quanti privilegiati del Paradiso che, ora scartati
dagli uomini, attendono la loro formazione, la nuova
incarnazione in questa sembianza ideale!
Quale sorpresa per loro, un giorno! Quale messaggio
per me, ora! Scorgo laggiù, dall’eternità, uno che mi si
avvicina e mi si delinea, giovanile ed entusiasta. È un altro
dei tanti amici morti sulla terra.
Allora era un anziano. Mi aveva insegnato a coltivare
l’orto, a trattare la terra. Ora, qui, me lo vedo insegnante a
coltivare il Paradiso, a trattare con Colui che è il Paradiso.
Le caratteristiche di lui ci sono tutte, richiamate in
positivo, al meglio, nel suo sorriso e in quel saluto che mai
mi è mancato sulla terra, e che ora è sublimato in quel
dolce gesto della mano, prima di accomiatarsi.