Immagini

Giungendo qui e guardando a Lui, la prima cosa che mi

ha colpito è stato il suo fascino, la bellezza della sua persona...

Sulla terra non c’è figura simile. Sì, c’è un accenno,

ma molto vago e vuoto rispetto all’immagine nitida e

serena di Lui, accanto a me, qui in Paradiso. Vedendo mia

madre, l’ho riconosciuta subito. Bellissima e semplicissima.

In una naturalezza estrema che io, quando era sulla

terra, soltanto come una briciola, in questo confronto,

avevo avuto la fortuna di intuire.

Una briciola di Paradiso mi era stata fatta intuire attraverso

di lei, allora. Ma qui, la sua immagine è la sua realtà

ideale. Tutto il meglio di lei raccolto nella semplicità,

espresso da quegli atteggiamenti che noi sognavamo di

lei, ogni tanto, specie appena morta.

Qui, invece, viva e concreta; non solo immaginata, ma

immagine. Sono sempre in collegamento con lei, qui in

Paradiso, attraverso questo amore eterno che lei già vive e

che mi comunica in anticipo, eccezionalmente, come un

assaggio e un aperitivo invitante al Paradiso.

Oltre a mia madre, oltre a Lui accanto a me, incontrando

tante altre persone, noto che la loro immagine, la loro

sembianza, ha un denominatore comune: una specie di età

ideale nella quale tutti si ritrovano e che si rende visibile

in ognuno. Non c’è nessuno troppo anziano né troppo

bambino, qui.

Tutti hanno la sembianza loro ideale, che certo non è la

loro di prima, ma una trasformazione a partire dall’anima.

Un’immagine ideale, appunto, che si rende concreta e

visibile, e che non invecchia, non cambia più. E se tu guardi

a chiunque, sai comprendere di lui il suo vissuto, lo sai

cioè riconoscere.

Anche se qui non è importante quello che ha vissuto,

ma quello che vive. Ad esempio, incontrando il mio amico

Ovì, che nel mondo avevo conosciuto come handicappato

e incapace di pronunciare una sola parola correttamente,

qui lo incontro sotto questa sembianza: un adulto giovanile,

semplicissimo e sorridente; rivedendo in lui il suo passato,

colgo soprattutto la serenità del suo presente.

Il suo volto è idealizzato, ma fondamentalmente è lui:

Ovì, subito riconoscibile. Senza parlare, ci si capisce al

volo. Sa perché io sono qui, e sorride augurandomi buona

fortuna per quando ritornerò, se pur provvisoriamente, tra

i mortali. Mi fa intuire una cosa: lui il Paradiso, da laggiù

sulla terra, lo aveva già intuito proprio grazie alla sua

situazione sfavorevole.

È riconoscente per questo suo passato, e salutandomi

torna a vivere l’eternità del Paradiso. Guardando di nuovo

a Lui, accanto a me, riconosco che anche Lui è stato un

favorevole sfortunato nella vita di prima.

Se non come Ovì, percepisco però che anche Lui ha

provato le sconfitte, le incapacità, le incomprensioni, le

derisioni e la solitudine... e forse proprio per questo ora è

scelto per essermi compagno e vicino nel mio pellegrinare.

Immagino anche i volti degli sfortunati che conosco

sulla terra: quanti privilegiati del Paradiso che, ora scartati

dagli uomini, attendono la loro formazione, la nuova

incarnazione in questa sembianza ideale!

Quale sorpresa per loro, un giorno! Quale messaggio

per me, ora! Scorgo laggiù, dall’eternità, uno che mi si

avvicina e mi si delinea, giovanile ed entusiasta. È un altro

dei tanti amici morti sulla terra.

Allora era un anziano. Mi aveva insegnato a coltivare

l’orto, a trattare la terra. Ora, qui, me lo vedo insegnante a

coltivare il Paradiso, a trattare con Colui che è il Paradiso.

Le caratteristiche di lui ci sono tutte, richiamate in

positivo, al meglio, nel suo sorriso e in quel saluto che mai

mi è mancato sulla terra, e che ora è sublimato in quel

dolce gesto della mano, prima di accomiatarsi.

Raggianti

In Paradiso non vige alcuna religione. Tutte quelle realtà

umane che si posso definire più o meno religioni, sètte

o realtà affini, qui impallidiscono tutte quante, cedendo il

passo all’unica grande ecclesialità: quella del Paradiso.

Tutti appartengono a questa ‘Chiesa’, che non è certo

da intendere come quella della terra.

È la Chiesa, questa, fondata sull’irradiazione della

gioia, e questa irradiabilità è anche la sua ecclesialità,

costituendo appunto il suo essere ‘Chiesa’. Lui, e io

accanto a Lui, ne siamo i raggi.

Ma quanti, infiniti raggi, provengono da questo sole

che è il Paradiso, e tutti riconducibili a Colui che è il

Paradiso! Questa è l’unica vera ‘Chiesa’.

Nel volto dei raggianti, dei ‘credenti’, hai la prova concreta

dell’esistenza del Paradiso, e in quel loro splendore

leggi e vivi e condividi tutto quello che vuoi. In Paradiso,

pertanto, non c’è alcun Libro.

Qui tutta la carta avanza, mentre invece viene avanti la

vita letta alla luce di Colui che è il Paradiso. Ognuno qui

è semplicemente un fedele raggio che vedi irradiarsi e

ricondursi al Cuore del Paradiso.

Questo essere Chiesa non ha riti, né funzioni, né preghiere,

né culto, né edifici, né persone preposte. Tutti sono

Chiesa nell’unità e nella molteplicità dei raggi. Nulla di

più e nulla di meno.

Già... ma cosa fa allora questa Chiesa, che attività svolge

- mi sono chiesto - se non ne ha nessuna di quelle delle

religioni del mondo? E l’ho vista, questa attività, apparire

in Lui che mi è accanto, che è per me raggio di luce del

Paradiso: l’unica attività dalla quale sgorgano tutte le

situazioni e gli atteggiamenti che qui si vivono è questa:

l’attività sacrificale. Sacrificazione di sé: dare tutto quanto

di sé. Sgorga da qui il Paradiso.

E questa è l’attività vitale fondamentale di Colui che è

il Paradiso: Sacrificazione. Ci è data in dono l’intuizione

di fronte a questa domanda: cosa si fa in Paradiso? Ecco

che cosa si fa: ci si dona totalmente. Non ci si tiene per sé,

qui. Si è raggi di un sole che è attività bruciante di amore

sacrificale. Più la donazione è grande, più la luce dei raggi

è intensa. Essere in continua sacrificalità: ecco il cuore del

cammino, del Pellegrinaggio del Paradiso.

Una sacrificalità non fatta di un atto: un sacrificio o più.

No. Si tratta di una mentalità, una intelligenza sapiente

che si fa vita, sempre più, incarnandosi nell’incontro tra i

nostri corpi, nelle nostre persone, nelle vicende che viviamo

in Paradiso. Più si rinuncia a sé, più si riluce. Ecco perché

la Luce Prima e in assoluto è Colui che è il Paradiso:

la sua rinuncia a Sé è talmente grande e profonda, che non

c’è sole più grande. Mentre ammiro gli effetti meravigliosi

di questa attività sacrificale qui in Paradiso, penso anche

all’immenso valore che pure per il mondo questa attività

centrale e fondante di tutto potrebbe avere, se fosse compresa

e meglio accolta. Ma forse finora è stato proprio

della volontà di Colui che è il Paradiso non volerla comunicare

appieno, per viverla più profondamente in Sé, a

favore di tutti, finchè fosse maturato il tempo, cioè quello

di adesso: il tempo del Paradiso.

Ardenti

Il Paradiso è come un fuoco scoppiettante, emanante

calore e scintillìo, sfavillante e brulicante, brillante e irradiante,

ardente e bruciante, ma senza consumarsi mai. Anzi,

trasformando ciò che consuma. Sembra non consumare, ma

consuma. Brucia l’energia della gioia e la trasforma, irradiandola

in luce di Paradiso.

Brucia l’amore che tu rechi a questo fuoco, trasformandolo

in vitalità generante.

Brucia la tua offerta, innalzandola, trasformandola in presenza

incessante a Colui che è il Paradiso. Brucia il tuo desiderio,

trasformandolo in fuoco del Paradiso. I cuori, qui in

Paradiso, non pulsano: ardono.

Sono come fiaccole viventi che nella notte testimoniano

la luce del Paradiso. Qui in Paradiso tutti sono semplicemente

‘martiri’: testimoni ardenti.

Si brucia la proprietà di se stessi, per essere senza proprietà

espropriativi, donativi, gratuiti: è il gratis della grazia.

Il Paradiso è il più alto martirio, la più profonda delle rinunce

che si vanno trasformando in scelte donative, generando

appunto la testimonianza più sublime: il martirio.

Non un martirio del sangue, del corpo, della spada, ma un

gioioso martirio della vita, dell’essere non più proprietà di se

stessi, affidandosi totalmente nelle braccia di Colui che è il

Paradiso. Non si tratta di un atto fatto e finito, no.

È il cammino, l’eterno Pellegrinaggio che si vive qui;

imitando, sebbene lontanissimamente, quell’atto puro,

unico, irripetibile, irrinunciabile, libero ed eterno che è proprio

di Colui che è il Paradiso, il Primo Martire in senso

assoluto.

Il Primo espropriantesi e generante la gratuità della grazia.

Il Primo che si sacrifica sempre, producendo sempre più,

come effetto, il Paradiso. E anche in questo caso, non si tratta

di un atto unico, fatto e finito lì.

Ho intravisto, appena appena, la presenza di questo

Martire Ardente, nella vicinanza di Lui che mi è accanto, in

Lui che ne è il riflesso illuminante.

Colui che è il Paradiso si sta donando da vivere, si sta

espropriando, anche ora, mettendosi totalmente nelle nostre

mani, nella nostra vita, senza più mantenere alcuna proprietà

di se stesso.

Per amore. E per noi, ecco la grande responsabilità, la

risposta gioiosa a questo atto di amore: farlo vivere attraverso

di noi, con noi.

Lui, accanto a me, mi sta richiamando ora proprio questo.

Lui è il Martire del Martire per eccellenza, il Testimone del

Testimone Primo e Assoluto. E il Paradiso, dunque, è martirio,

incontro di espropriazione, e si dà da vivere anche a me,

in questo momento, trasformandosi in dono gratuito, totale,

senza condizioni.

Ogni volta che condividi questa avventura del martirio, ti

senti trafiggere il cuore, perché ti accorgi di essere proprio al

Cuore, al Centro, a quel nucleo piccolo come un atomo,

quasi impercettibile, e che eppure è l’essenza del Paradiso:

sacrificare la proprietà di se stessi, per amore.

Tutto si fonda su questo atto continuo di sacrificazione,

su questo sacrificio sempre in atto, anche ora: Colui che è il

Paradiso non si tiene per Sé, ma si dà da vivere interamente

e completamente a me, a ciascuno, condividendo fino in

fondo in questo modo la vita, in questo martirio supremo che

testimonia il suo Amore qui in Paradiso e anche nell’oggi del

mondo, dove questo miracolo strabiliante ancora è nascosto

e soltanto accennato, in quel segno di speranza che è il

mondo rinnovato del Paradiso.

Orientati

Si è tutti orientati a un unico riferimento, qui in

Paradiso: a Colui che è il Paradiso. Ti senti nella mente,

nell’anima e nel cuore un pulsare, come un indicatore

interno, che ti orienta, ti fa da bussola verso questo Nord.

Sebbene tutti siano liberi di vivere situazioni le più disparate

e apparentemente diverse e lontane tra loro, non c’è

dispersione alcuna.

Lui, accanto a me, mi indica, mi orienta, in tutto il suo

essere, a questo riferimento. Non sono mai disorientato o

confuso, grazie a Lui. Tutto dunque converge a questo

Uno. Senti come un magnetismo, dentro di te e attorno a

te, che ti attira dolcemente ma efficacemente, e tutto convoglia,

in questo viaggio che è come quello di un treno sui

binari dell’infinito.

Non ci sono leggi o richiami esterni di alcun genere qui

in Paradiso, dunque. Nessuna regola esterna, nessun

governamento esteriore, nessun comando o comandamento

da fuori. C’è questa energia orientante alla gioia, semplicemente

questa. È un po’ come - usando un’immagine

di una realtà che qui non c’è - quegli stormi di volatili che

vedi migrare con un senso di orientamento eccezionale,

che li spinge sempre verso il meglio, alla situazione ideale

per il progresso della vita.

Così è qui: sei un migratore, uno che vola verso quelle

realtà che ti sono date in dono e ti permettono di migliorare,

progredendo nella vita del Paradiso. Sta di fatto che qui in

Paradiso puoi girare ad occhi chiusi, o ad occhi aperti contemplando

altre situazioni diverse da quella che hai di

fronte, senza mai incontrare ostacoli, senza nessun

inciampo. Questa specie di - passi l’espressione - ‘pilota

automatico’ ti permette di mantenere la rotta senza alcuna

preoccupazione. L’orientamento non è solo verticale, ma

anche orizzontale: dà anche la possibilità di condividere

con ogni realtà del Paradiso.

Ogni situazione che è o che entra a far parte del

Paradiso - ad esempio: il sole, e io stesso quando sono

entrato qui - è percepibile a tutti quanti, perché tutti sono

orientati a questo sorgere, alle nuove appartenenze alla

Famiglia, a tutte le realtà nuove che entrano o crescono in

Paradiso.

È come se ci fosse una porta d’ingresso - anche se non

esiste assolutamente alcuna porta, qui - dalla quale passano

tutte le realtà destinate al Paradiso, e che qui si orientano

a loro volta a Colui che è il Paradiso.

Orientamento verticale e orizzontale costituiscono un

unico grande sentire: che c’è il Paradiso. Giungendo qui,

la prima impressione che hai è quella di un grande ‘benvenuto’

che ti è dato da tutti insieme. È come se si aprisse un

sipario e tu, senza vedere nessuno in platea, a causa dei

riflettori che ti sono puntati addosso, li senti tutti che ti

danno il benvenuto con i loro intensi applausi.

Ecco, una cosa simile ho sperimentato giungendo qui,

guardando a Lui e sperimentando attraverso di Lui questo

immenso saluto fatto non di voci o di applausi esteriori,

ma di una gioia tutta orientata e orientante a Chi in quel

momento mi porgeva il saluto: a Colui che è il Paradiso.

Ci sono anche delle realtà esteriori che ti aiutano nell’orientamento, qui in Paradiso:
il sole, ad esempio. Ma sono tutte relative, non così importanti e inserite in te

come è questo orientamento, che è più del sole che vedi, e

che ti fa vivere le realtà e le situazioni le più vicine e le più

lontane senza alcuna differenza; che ti permette anche di

stare immobile mentre tutto passa attorno e penetra in te.

E che ti fa capire che qui il modo di vivere è davvero totalmente

trasformato rispetto a prima.

Questo orientamento ti fa fare - per così dire - passi da

gigante. Che dico, da gigante? Di più, infinitamente di più.

Interrogativi

In Paradiso si può davvero dire che ogni interrogativo

trova la sua risposta. Anche se gli interrogativi rimangono.

Restano come domande sotto forma di desideri di ricerca,

nelle scelte che si fanno, nel chiedersi come procedere,

come vivere la realtà che ti si presenta. E la risposta è

subito pronta, la scelta è subito fatta. Ma gli interrogativi

restano e riappaiono, come stimoli all’avventura e al procedere

nel cammino. Non sono dunque gli interrogativi

del non conoscere, ma del sapere e gustare maggiormente,

sempre più, e senza fine.

Sono gli interrogativi della meraviglia, della contemplazione,

della gioia e dell’intensità della festa. Anch’io,

riguardo a Lui che mi è accanto, mi pongo l’interrogativo:

ma come è possibile una realtà così positiva in Lui?

Com’è possibile la gioia di questo nostro cammino? Come

può esserci una così grande serenità tra noi e attorno a noi?

Ma il più importante interrogativo, la domanda più profonda

e sempre aperta, riguarda Colui che è il Paradiso:

chi è? È la domanda di sempre e di tutti, forse la più elementare,

eppure sempre anche la più indefinibile, anche

qui. Vivi in questa Presenza, eppure non la esaurisci mai.

Sai chi è, ma non in modo completo.

Non puoi definire questa Presenza, né racchiuderla in

una risposta. Colui che è, è sempre domanda e risposta in

te. È questo il senso del cammino, del Pellegrinaggio.

Mai compiuto, eppure che ti realizza sempre più.

L’interrogativo più grande è dunque il desiderio di

avvicinarsi di più, ad ogni passo che fai. È la domanda di

gioia, che trovando risposta fa riaccendere scoppiettante la

richiesta di una maggiore vicinanza.

Colui che è il Paradiso non si esaurisce mai né mai ti

esaudisce completamente in una risposta, nemmeno qui in

Paradiso. Il Paradiso è una grande domanda, un interrogativo

che continuamente ti si propone, un punto di domanda

senza parole, di fronte al quale tu riaffermi le tue scelte,

rafforzi il tuo procedere, intensifichi il tuo essere e

vivere in questa realtà.

Il Paradiso suscita la domanda e dona la risposta, continuamente,

e sempre di più. Il Paradiso ti attende, ti invita,

ti propone il desiderio. E allora ti accorgi di essere più

libero che mai. Ognuno qui in Paradiso è un interrogativo,

è un segno del mistero di questa gioia. Guardando a Lui,

accanto a me, lo vedo e lo considero nel suo essere segno

interpellante, interrogante.

Lo sento che pone la domanda di me, e a me. Lo percepisco

porre la domanda su ogni realtà che vive, e porsi la

domanda nei confronti di Colui che è il Paradiso. La risposta

è già nella domanda: illuminata. Le domande vivacizzano

il Paradiso, partendo dal suo Centro.

Sono la garanzia della vivacità del Paradiso. Ti rendi

sempre più conto che sei fatto per domandare, per esprimere

questo uscire da te stesso e andare verso l’altro e

verso la realtà, alla scoperta e alla ricerca. Domandare è

cercare. E cercare è vivere. Per usare un’espressione terrena:

mai come ieri: sempre più; e mai come domani: sempre

di meno.

Sempre più di ieri, sempre meno di domani.

Qui, dove non c’è né oggi, né ieri, né domani, la

domanda si estende nell’eternità, e la risposta altrettanto.

Le senti entrambe come un vento che va e che viene,

che ti sfiora e ti accarezza, invitandoti a partecipare al suo

gioco. Il Paradiso? Il Paradiso!

Sono una domanda e una risposta che si susseguono

come - utilizzando un’immagine umana che qui non ha

riscontro - la sistole e la diastole che fanno scorrere il sangue

e permettono al corpo e all’anima di crescere.

Qui il cuore ha un solo movimento: quello eterno dell’amore,

della gioia del Paradiso.

Esclamativi

In Paradiso tutti si conoscono, ti chiamano. E tu li chiami.

Si crea in te la consapevolezza di essere un chiamato,

un invitato, uno a cui viene regalato l’invito a vivere in

Paradiso. E vivi da chiamato, da invitato. Incontrando gli

altri, li senti loro pure chiamati e invitati.

Come a una festa. Ma molto di più, qui. Perché qui è

sempre festa. E il bello è che si fa festa senza nulla di

eccezionale. Né musiche, né balli, né rinfreschi, né addobbi.

Niente di tutto questo. La festa consiste nel rimanere

incantati. Un incantesimo?... Sì, però reale.

La festa sta nel contemplare, a bocca aperta, quello che

ti succede dentro e attorno. Spesso rimango incantato ad

osservare il sorriso di Lui, perché è un sorriso parlante,

illuminante, che ti spiega e ti fa vivere quelle realtà che in

esso sono accennate. Qui sei chiamato a far festa, ma

soprattutto ad essere in festa. La festa consiste nel fatto

che ti senti un chiamato. Non è il fatto che ti hanno chiamato,

ma che ora ti chiamano: è, per intenderci, una chiamata

che dura all’infinito. Non c’è un prima: ti hanno

chiamato, e un poi: vai a far festa. C’è solo una chiamata

da dentro di te che prosegue e ti forma la coscienza dell’essere

in festa... E la festa esteriore?.

Niente. La coscienza dell’essere un chiamato e a tua

volta un chiamante è la vera festa, qui in Paradiso. È l’essenza

della festa, questa, perché comprendi sempre più

che la gioia della festa non è esterna a te, ma sei tu, di

fronte e in comunione con Colui che ti chiama: il Paradiso.

La festa è come una voce, un respiro, un’anima che ti

passa dentro e ti forgia a tua volta come un chiamante. A

essere nella festa, nella gioia.

Nel nome di una voce: quella del Paradiso. E comprendi

allora che la voce che ti invita ad essere in festa ti stimola

al Pellegrinaggio, ad andare incontro con gioia a

questa situazione; e che il cammino non pesa affatto, non

stanca, ma è leggero e spedito.

Ecco perché negli affreschi gli angeli hanno le ali! Qui

non le ha nessuno, ma tutti volano gioiosi e veloci come

angeli con le ali. Certezza e fiducia vanno d’accordo, qui

in Paradiso. Sei certo e sicuro, ma anche cerchi, e approfondisci

la certezza.

Approfondisci e trovi, e trovando cerchi di nuovo. E

anche questo cammino di ricerca va leggero e spedito, con

le ali. Quando guardo a Lui che mi è accanto, devo proprio

riconoscere: ci si intende al volo! Anche noi due, nella

nostra intesa, abbiamo le ali. In Paradiso, perciò, non ci

sono riunioni, di nessun tipo: c’è subito unione.

Ma la chiamata più intensa e nello stesso tempo più

rapida è quella che proviene da Colui che è il Paradiso.

Questa chiamata è talmente veloce che non fa nemmeno

a tempo a farsi voce nella tua coscienza, ma la velocità

ottiene una forza di profondità tale, che puoi davvero

dire che è più intima a te di te stesso.

Velocissima e di lunghezza infinita, ti mostra quanto è

profondo il tuo cuore: infinito.

E il bello è poi quando cerchi di rispondere. Come chiami

Colui che è il Paradiso? Con che nome? Con che voce?

Con che timbro? Con che tono?...

Finora io mi rivolgo a Colui che è il Paradiso seguendo

l’indicazione di Lui che mi è accanto: con lo sguardo estasiato,

con la bocca silenziosa e con il cuore pieno di gioia.

Sono certo che questa chiamata raggiunge in pieno il

Cuore, questo Centro traboccante di gioia che riversa una

realtà che ti fa acclamare, senza nemmeno un filo di voce,

ma solo contemplando ciò che avviene per te in questa

meravigliosa realtà del Paradiso.

Puntini

Cos’hai di fronte, davanti allo sguardo, quando sei in

Paradiso? Avevo pensato di essere faccia a faccia con un

Qualcuno. Avevo pensato di avere di fronte un’immensa

natura paradisiaca. Avevo immaginato di vedere un

mondo bellissimo da poter descrivere nei più piccoli particolari

e presentarsi lì, subito, come panorama. Avevo

sognato queste e simili cose.

Ma mai avrei pensato di trovare quello che veramente

appare di fronte agli occhi: puntini. Tantissimi, e in lontananza,

su uno sfondo neppure colorato, anzi, un po’ sbiadito.

Puntini. Sorrido.

Sorrido, perché arrivando in Paradiso così vidi anche

Lui che mi è accanto: in lontananza, ecco un puntino

emergere veloce da tutti gli altri, avvicinarsi e manifestarsi

come ‘Lui’. Adesso che mi è tanto semplice e naturale

vedere il Paradiso, penso proprio di averlo già un tempo

intravisto, e tante volte, stropicciando per caso le dita sugli

occhi, e vedendo... sì, proprio una specie di questo sfondo

del Paradiso. Il Paradiso - non c’è proprio niente da fare -

è fatto di cose piccole, che si aprono, che, se ci guardi dentro,

appaiono e si rivelano per quello che sono: più gustose,

preziose e importanti di ciò che tu potevi immaginare

come l’infinito e la grandezza più immensa. Eh, sì. Perché

mancava, finora, il punto - vorrei quasi dire: il puntino - di

vista: quello del Paradiso.

E quello che affascina e colpisce ancor di più, ora, è il

sapere che anche Colui che è il Paradiso si svela, rivela e

comunica a partire proprio da uno di questi puntini che

appaiono improvvisi sullo sfondo, e che poi scompaiono

in quella realtà che si fa vicina. In quanto a piccolezza,

penso proprio che il Paradiso sia il... massimo!

Più piccolezza di così, non si potrebbe proprio. Sorrido

ancora, perché finora misuravo il Paradiso col metro dell’infinità,

mentre basta poco, forse meno di un millimetro,

per vedercelo già dentro, tutto quanto e vivo.

Ad ogni situazione nuova, in Paradiso, corrispondono

tanti nuovi puntini, che poi ti si rivelano come le realtà che

ti vengono date in dono in quell’incontro. Non li ho mai

contati, nemmeno quando ne avevo pochi di fronte, forse

perché scompaiono subito, per rivelarti quello che nascondono;

o forse perché sono più attratto e desideroso di

incontrare la situazione che dietro il puntino appare.

O forse ancora perché, in fin dei conti, i puntini in se

stessi non sono niente più che puntini: valgono solo come

segni, trattini di collegamento con le cose che indicano.

Certo che non avrei proprio mai pensato di porre attenzione

a dei puntini, qui in Paradiso.

Questi puntini però, da un altro punto di vista, non sono

semplicemente dei segni, qui. Non so come spiegarlo, e

forse non è da spiegare, ma solo da intuire. Ci provo.

Inizierei col chiamarli: i puntini della metamorfosi: della

trasformazione, più che della rivelazione. Perché, se è

vero che essi rivelano, però dicono anche ciò che avviene

in questa rivelazione: una metamorfosi. Il puntino, insomma,

è la punta del Paradiso: la percezione più attenta e preziosa

di ciò che è Colui che è il Paradiso, e di conseguenza

tutto il Paradiso.

In quel puntino c’è il germe della vita, il DNA, potremmo

dire, del Paradiso, la sua essenza, centralità e profondità,

ciò che fa essere e trasformare in meglio tutto quanto

esiste qui. Quel puntino è una concentrazione somma di

tutte le potenzialità esistenti qui.

È un racchiudersi in un bozzolo vitale. È come quel

baco da seta che si costruisce il bozzolo e si racchiude in

esso; e in esso vive la sua morte metamorfosante, trasformantesi

in vita migliore: in quella farfalla che, piena di

colori, prenderà il volo per una nuova avventura.

In questo puntino si racchiude dunque Colui che, come

il baco da seta, muore, germinando la vita, trasformandosi

in irradiazione di vita universale.

Tutto ciò però racchiuso in quel puntino. Un piccolo

punto. Come tutti quei puntini. Un punto da capire.

Terrestre

Si sta avvicinando, lo sento, il momento del mio ritorno. Percepisco piano piano il riavvicinarsi dell’atmosfera terrestre, che mi penetr...